Reporters sans frontieres condanna "con forza" la riresa in esame del ddl sulle intercettazioni, contenente, accusa, "misure liberticide". E invita il governo italiano a "fare un passo indietro". "Il testo, approvato dal Senato nel giugno 2010 - ricorda l'associazione internazionale in una nota - fu sepolto dopo la protesta della società civile. Ma in un momento di grande attualità per il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, la sua adozione è stata posta all'ordine del giorno della Camera dei Deputati. Un po' annacquata da emendamenti approvati in commissione il 5 ottobre 2011, la versione finale inizia ora l'iter in seduta plenaria per un voto previsto la prossima settimana".
''Le ultime modifiche - secondo Reporters sans frontieres – non cambiano il nocciolo della questione: limitare la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche a mezzo stampa è un grave ostacolo al giornalismo investigativo, un modo rozzo e disonesto di imbavagliare la stampa. Questo progetto riveste un forte aspetto politico. Il governo sta cercando di far passare sotto silenzio gli scandali sessuali che coinvolgono il presidente del Consiglio, spesso rivelati proprio dalla pubblicazione di intercettazioni telefoniche".
"Inoltre - incalza l'associazione - se i blogger sembrano risparmiati nell'ultima versione del testo, i giornalisti online dovranno probabilmente censurare se stessi o pubblicare ogni richiesta di modifica, piuttosto che rischiare di essere condannati a multe di 12 mila euro. La mancata presa in considerazione del diritto all'informazione, il carattere automatico e senza contraddittorio delle condanne, sono completamente contrari con i principi internazionali e della giurisprudenza europea".
"L'Italia, come democrazia e membro della Unione europea ha il dovere di difendere le libertà civili. I Parlamentari italiani dovrebbero prendere in considerazione la dimensione internazionale della loro azione e abbandonare questo progetto", invita l'associazione. Reporters sans frontieres punta poi il dito sugli emendamenti approvati in Commissione, "misure volte a regolare l'indagine giudiziaria che danneggeranno le inchieste sulla corruzione e sulla criminalità organizzata, spesso basate sulla base di intercettazioni telefoniche". Reporters sans frontieres chiede dunque al governo italiano "di fare un passo indietro e non stabilire una giustizia a due velocità".
Reporters sans frontieres ricorda che, "secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, 'la automaticità sulla base della presunta pericolosità di un reato' non può prevalere quando si tratta di un argomento di interesse pubblico.
Allo stesso modo, i giudici di Strasburgo hanno stabilito che il diritto d'informazione deve prevalere nel monitoraggio dei casi giudiziari e nella pubblicazione delle intercettazioni. Deve essere l'autorità giudiziaria a giudicare la proporzionalità tra la pubblicazione della sede e la violazione della privacy".
Le autorità italiane "sanno anche che il principio della libertà d'espressione vale per Internet: se ne sono recentemente ricordate - sottolinea l'associazione - nella ultima versione del regolamento di tutela della proprietà intellettuale sviluppato dall'Autorità nazionale di comunicazione (Agcom)". Reporters sans frontieres, oltre a sostenere le mobilitazioni in atto contro il provvedimento, ricorda che il "13 luglio 2010 Frank La Rue, relatore speciale dell'Onu sulla libertà di opinione e di espressione, aveva chiesto al governo italiano di Silvio Berlusconi di abbandonare il disegno di legge" in questione. (ADNKRONOS)