«La Corte di Cassazione, giudicando inammissibile il ricorso presentato dall'imputato, ha reso definitiva la sentenza di condanna nei confronti di Armando Spada per tentata violenza privata a danno della giornalista Federica Angeli». Lo rende noto la Fnsi.
«Il 23 maggio 2013 – ricorda il sindacato – Spada minacciò di morte la cronista di Repubblica, al fine di impedirle di portare a termine un servizio sulle infiltrazioni criminali nella gestione degli stabilimenti balneari di Ostia. Anche a causa di questo episodio, da dieci anni Federica Angeli è costretta a vivere sotto scorta».
L'imputato è stato condannato a un anno di reclusione, al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni causati, oltre che alla collega, alla Federazione nazionale della Stampa italiana e al Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, costituitisi parte civile, rappresentati innanzi la Suprema Corte dall'avvocato Giulio Vasaturo.
«Siamo stati al fianco di Federica Angeli sin dall'inizio di questo lungo iter giudiziario che, dopo dieci anni, si è concluso col pieno riconoscimento della responsabilità dell'imputato per la vile intimidazione rivolta alla collega di Repubblica. Questa sentenza vale a rendere onore all'esempio di Federica Angeli che ha denunciato a viso aperto sul suo giornale e nelle aule di giustizia gli scenari criminali di Ostia, pagando un prezzo personale altissimo per il coraggio con cui ha difeso, con coerenza, la sua libertà di cittadina e di giornalista», rilevano Alessandra Costante e Vittorio di Trapani, segretaria generale e presidente della Fnsi.
«La pronuncia della Cassazione – proseguono – ribadisce, inoltre, la piena legittimazione della Fnsi quale soggetto garante, anche in ambito processuale, del lavoro giornalistico che sempre più spesso viene messo a repentaglio dai clan che operano sui territori. Il sindacato continuerà a sostenere, con ogni mezzo e in ogni sede, l'impegno dei colleghi che sono in prima linea nelle terre di mafia, affinché nessuno di loro debba mai sentirsi solo al cospetto dei potentati criminali che vorrebbero ridurli al silenzio».