«Come commissione antimafia, riteniamo che il giornalismo d'inchiesta sia uno strumento molto importante. La mafia non la si combatte solo nelle sedi giudiziarie partendo dalla conoscenza e dalla consapevolezza del fenomeno. Per contrastarla non servono eroi, ma cittadini che fanno quotidianamente il loro dovere».
Così la presidente della commissione parlamentare Antimafia, Rosy Bindi, nel corso della presentazione della nuova stagione del programma di Emilia Brandi “Cose nostre” che andrà in onda da sabato 12 novembre in seconda serata su Rai1 e racconterà storie di persone, giornalisti, manager e di testimoni di giustizia che si sono opposti alle mafie pagando un prezzo alto senza mai smettere di fare il proprio dovere.
«Per troppo tempo tutti noi ci siamo affidati a un “supplente”, le associazioni antimafia che sono importanti ma non sufficienti», ha rimarcato la presidente Bindi intervenendo nella sala degli Arazzi di viale Mazzini alla presenza, tra gli altri, del direttore di Rai1 Andrea Fabiano, di Filippo Bubbico, viceministro dell'Interno e di Giuseppe Giulietti, presidente Fnsi.
«Il mafioso - ha tenuto a sottolineare Bindi – condiziona il nostro mondo, la nostra economia, le nostre scelte. Per combatterli, tutti devono fare il loro dovere. Bisogna ammettere che le mafie esistono e non negarlo. È necessario non ridurre il fenomeno mafioso ad un fenomeno di costume. È importante che i giornalisti ci raccontino la realtà così com'è, che ci mettano la coscienza di fronte al male. È il presupposto per creare una cultura di resistenza e di acquisire strumenti adeguati per poterla combattere».
La presidente ha poi ricordato l’inchiesta condotta dalla commissione Antimafia sui giornalisti minacciati e sui giornalisti conniventi: «Occorre – ha quindi concluso – far conoscere chi rischia di rimanere solo e salvaguardare e rafforzare l'autonomia dei giornalisti che con il loro lavoro d'inchiesta svolgono una funzione essenziale nella conoscenza dei fenomeni mafiosi e nella promozione di una più robusta cultura della legalità. Programmi come questo della Rai sono importanti, accendono le luci su certe realtà».
Al centro dell'intervento del presidente Giulietti, il tema delle querele temerarie. «La commissione antimafia sta facendo un lavoro straordinario - ha detto -. Non solo investigativo, ma di vera e propria tutela verso i giornalisti minacciati, affrontando il tema delle querele temerarie, finte querele con richiesta di cifre iperboliche che hanno lo scopo di intimidire».
Giulietti ha poi annunciato che «a questo proposito chiederemo al presidente Mattarella e ai presidenti delle Camere, insieme ai giornalisti sotto scorta, di arrivare a una rapida approvazione di una legge contro le querele temerarie».
E infine il presidente della Fnsi ha ringraziato il servizio pubblico: «Vedo un ponte fra il meglio del passato e il presente. Con "Cose nostre" la Rai sta illuminando i luoghi dove non ci sono diritti, sta illuminando gli ultimi. Noi dobbiamo credere ancora di più nel giornalismo di inchiesta. Servirebbe un consorzio di giornalismo investigativo perché proteggerebbe di più chi fa le inchieste. Lo strumento più utile, infatti, contro le mafie è la scorta mediatica che, accendendo i riflettori in modo serio e profondo sulle vite di chi combatte la mafia, fa sapere ai mafiosi che se qualcuno viene anche solo sfiorato, oltre alla polizia, ci saranno le telecamere ad inseguirli».
La prima puntata della nuova edizione di "Cose Nostre" sarà dedicata alla storia di Marilù Mastrogiovanni, giornalista che ha messo in luce l'"altra faccia" del Salento, subendo minacce e intimidazioni per le sue inchieste.