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Componenti Fnsi 26 Gen 2010

L'Ordine accusa la Fnsi e i Cdr. Quarto Potere: "Basta polemiche, ci vuole unità"

I giornalisti con contratto di lavoro sono circa 17 mila, mentre i colleghi iscritti alla gestione separata dell’Inpgi attivi, ovvero con un reddito seppur minimo, sono poco più di 25 mila: in totale, nemmeno 45 mila persone. Gli appartenenti all’Ordine dei giornalisti sono invece quasi 90 mila, di cui oltre due terzi pubblicisti. Con un ritmo di crescita di iscrizioni che negli ultimi anni è andato via via crescendo, sotto la spinta dell’aumento delle scuole di giornalismo e dell’esplosione del numero dei pubblicisti.

I giornalisti con contratto di lavoro sono circa 17 mila, mentre i colleghi iscritti alla gestione separata dell’Inpgi attivi, ovvero con un reddito seppur minimo, sono poco più di 25 mila: in totale, nemmeno 45 mila persone. Gli appartenenti all’Ordine dei giornalisti sono invece quasi 90 mila, di cui oltre due terzi pubblicisti. Con un ritmo di crescita di iscrizioni che negli ultimi anni è andato via via crescendo, sotto la spinta dell’aumento delle scuole di giornalismo e dell’esplosione del numero dei pubblicisti.

Le domande che i colleghi si pongono e pongono agli organismi di categoria sono semplici: com’è possibile questa differenza? Perché in una fase di crisi dell’editoria, evidente anche prima che giungesse la crisi economica internazionale, non si sono posti degli argini? E che cosa fanno questi colleghi se non risultano avere redditi da lavoro giornalistico?
Queste domande alimentano un dibattito molto forte, in particolare sul ruolo e sulle scelte dell’Ordine nazionale. Un dibattito che appartiene di diritto alla categoria dei giornalisti. E che nessuno, neppure i vertici dell’Ordine, può pensare di soffocare o, peggio ancora, di strumentalizzare per colpire e polemizzare con altri organismi dei giornalisti, proprio in un momento in cui l’esigenza vera e reale è quella di una forte unità di tutti gli enti di categoria, per dare risposte comuni alle esigenze e alle emergenze della nostra professione e dei nostri colleghi meno tutelati.
L’ultimo attacco del Presidente dell’Ordine, Lorenzo del Boca, verso il vertice del sindacato, rappresentato questa volta dai Vicesegretari nazionali Daniela Stigliano (che rappresenta Quarto Potere e Stampa Democratica) e Luigi Ronsisvalle per dichiarazioni fatte nel corso di due assemblee pubbliche in Sicilia, e ai Comitati di redazione, responsabili - a suo parere - di non aver saputo vigilare sullo sfruttamento del lavoro e la creazione di precariato nei giornali, è inaccettabile e intollerabile.
Soprattutto perché ingiusto e offensivo verso centinaia di colleghe e colleghi che, in tutta Italia, si assumono volontariamente e gratuitamente il compito di rappresentare e tutelare le redazioni, vigilando sull’applicazione del contratto di lavoro e delle leggi (a partire da quella istitutiva dell’Ordine) contro la protervia e l’arroganza degli editori. Senza privilegi, prebende, gettoni di presenza o viaggi intercontinentali. Anzi. Spesso con la consapevolezza di frenare - nella migliore delle ipotesi - la propria carriera.
Le responsabilità nella diffusione del precariato sono certamente in primo luogo degli editori, che hanno creduto e credono ancora che i giornali si possano fare senza puntare sulla qualità dell’informazione e, quindi, con giornalisti sottopagati e sfruttati. Ma la creazione di un esercito di persone che svolge questa professione saltuariamente, accanto ad altri mestieri, disposto anche a lavorare gratis, e che si contrappone in una concorrenza senza freni a chi il giornalista lo fa per vivere, è tutta da attribuire a criteri di accesso alla professione obsoleti, pensati cinquant’anni fa e inadatti all’attuale mondo dell’informazione e al nuovo mercato del lavoro.
Noi di Quarto Potere lo sosteniamo da sempre. E non abbiamo cambiato idea. L'Ordine va riformato completamente, portando al centro della sua attività trasparenza e controllo del rispetto della deontologia professionale. Va riformato radicalmente anche l’accesso alla professione. La proposta votata all’unanimità dal Consiglio nazionale è condivisibile e va sostenuta perché sia approvata in tempi rapidi dal Parlamento, dove giace in discussione. Un accesso al giornalismo che passi esclusivamente dalla strada universitaria è in linea con i tempi e con le esperienze internazionali.
Fino a quando così non sarà, fino a quando le vie per diventare giornalista saranno quelle attuali, quasi tutte nelle mani degli editori, resterà però per noi incomprensibile la scelta dell’Ordine nazionale di istituire negli ultimi dieci anni molte altre scuole di giornalismo, oltre a quelle già esistenti. Una scelta a cui peraltro ci siamo opposti pubblicamente e in ogni modo, spesso in solitudine, attraverso i nostri rappresentanti. Le scuole sono oggi in tutto 20 per centinaia di nuovi professionisti ogni anno, giovani colleghi incolpevoli che vengono illusi dalla chimera di un posto nei giornali e che quasi sempre si ritrovano invece ad alimentare le fila dei precari.
Così come incomprensibile è che nell’elenco dei pubblicisti abbiano trovato posto negli ultimi anni migliaia e migliaia di persone: molte di loro sicuramente dovrebbero meno ipocritamente entrare di diritto nelle fila dei professionisti, perché di giornalismo vivono e non di altri mestieri; moltissime altre, invece, i dati dimostrano che questa professione non la frequentano neppure occasionalmente e non si capisce perché risultino iscritti.
Un atteggiamento responsabile di chiarezza, di etica e di trasparenza crediamo sia doveroso per l’Ordine e il suo vertice. Non invettive, accuse, veleni. Non è il tempo delle polemiche. E neppure di contrapposizioni sterili e dannose per i colleghi tutti. Al contrario, è il tempo dell’unità in nome e a favore dei colleghi. Noi ci crediamo ancora.

Quarto Potere

@fnsisocial