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Internazionale 01 Ago 2007

Iran: confermata la condanna a morte dei due giornalisti curdi, si cerca di salvarli Associazioni diritti umani mobilitate per una campagna internazionale

31 luglio - Ha suscitato indignazione nella società civile iraniana la conferma della condanna a morte di Adnan Hassanpour e Hiwa Boutimar, due giornalisti curdi della rivista 'Asu' (L'Orizzonte). Il portavoce dell'autorità giudiziaria iraniana, Ali Reza Jamshidi, ha confermato la pena capitale questa mattina, nel corso di una conferenza stampa. "I due curdi - ha precisato Jamshidi - sono stati condannati all'impiccagione per 'Moharebeh'", formula generica con cui si indicano i reati commessi dai 'nemici di Allah'.

31 luglio - Ha suscitato indignazione nella società civile iraniana la conferma della condanna a morte di Adnan Hassanpour e Hiwa Boutimar, due giornalisti curdi della rivista 'Asu' (L'Orizzonte). Il portavoce dell'autorità giudiziaria iraniana, Ali Reza Jamshidi, ha confermato la pena capitale questa mattina, nel corso di una conferenza stampa. "I due curdi - ha precisato Jamshidi - sono stati condannati all'impiccagione per 'Moharebeh'", formula generica con cui si indicano i reati commessi dai 'nemici di Allah'.

Nella Repubblica Islamica, questa accusa comprende un lungo elenco di delitti, che vanno dall'omosessualità allo spionaggio. Jamshidi ha anche parlato di "impiccagione con una corda", inducendo alcuni giornalisti stranieri presenti alla conferenza stampa a pensare che l'esecuzione fosse già avvenuta. La pronuncia della condanna a morte di Hosseinpour e Buteimar da parte del Tribunale della Rivoluzione di Sanandaj, nel Kurdistan iraniano, risale al 17 luglio. Entrambi i giornalisti sono vicini al principale gruppo curdo iraniano, il Partito Democratico del Kurdistan, formazione storica che fa parte dell'Internazionale Socialista. La conferma ufficiale della condanna a morte emessa nei confronti dei due giornalisti curdi ha scatenato la reazione di molte associazioni della società civile iraniana, che in alcuni comunicati emessi in queste ore confermano la loro ferma intenzione di portare avanti la campagna internazionale per salvare la vita a Hassanpour e Boutimar. Molte organizzazioni, tra cui Daneshamukhtegan Iran e l'Associazione scrittori curdi, definiscono "inaccettabile la condanna a morte di Adnan e Hiwa". L'organizzazione ambientalista Sabzchi, della quale fa parte Boutimar, respinge in una nota le accuse di spionaggio e attività sovversive rivolte al suo dirigente, precisando che le "ammissioni estorte in carcere tramite violenze fisiche e psicologiche non hanno alcuna validità giuridica". Saleh Nikbakht, uno dei due avvocati dei giornalisti curdi condannati, spiega ad AKI-ADNKRONOS INTERNATIONAL: "Le accuse rivolte ai miei assistiti, i quali secondo i verbali degli interrogatori hanno ammesso la propria colpevolezza, non rientrano nella fattispecie del 'Moharebeh' e non giustificano quindi la conseguente condanna all'impiccagione". In molti ritengono che le accuse rivolte ai due giornalisti appaiano poco credibili. Secondo l'accusa, ad esempio, Hassanpour disponeva di mappe satellitari delle strutture militari iraniane nelle zone occidentali del paese e le avrebbe consegnate a potenze straniere. Ma sembra difficile che un giovane di una cittadina iraniana di provincia come Marivan possegga mappe e fotografie satellitari che le 'potenze straniere' non siano in grado di realizzare con i propri satelliti. Inoltre, secondo quanto riferisce l'avvocato Nikbakht, l'accusa sostiene che il presunto contatto di Hassanpour con gli Stati Uniti abbia diretto per un certo periodo Radio Farda, l'emittente in lingua farsi finanziata dal Congresso americano. Ma la persona indicata non ha mai lavorato per questa emittente. Contraddizioni anche nelle 'ammissioni' fatte da Boutimar. Come spiega il legale, il dirigente dell'associazione ecologista Sabzchi è accusato di "avere venduto munizioni al Pejak, il braccio armato del Partito dei lavoratori curdi (Pkk)". Ma le basi del Pejak, che nell'atto d'accusa viene definito "una banda di terroristi finanziati dagli Stati Uniti", si trovano nel nord dell'Iraq e, con le forze americane stanziate a poca distanza, è poco credibile che l'organizzazione abbia fatto ricorso a un giovane iraniano per armarsi. (ADNKRONOS/AKI)

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