Informazione, sono 50 mila i giornalisti privi di tutela – I dati in un convegno al Cnel (da Italia Oggi del 1 luglio 2004)
DI LUCA SAITTA Tanti disoccupati, un vero e proprio esercito di «senza-contratto» e un settore che dà poche speranze di assunzione: è questo l'allarmante stato professionale di chi fa informazione in Italia emerso dai dati di Fieg, Fnsi e Inpgi diffusi ieri, a Roma, nel corso del convegno «Comunicazione e giornalismo: mercato, flessibilità o precariato?». Sono, infatti, circa 1.500 i disoccupati tra carta stampata e televisione pubblica e 48 mila i pubblicisti senza alcuna posizione contributiva. Dati preoccupanti, ulteriormente rafforzati dal fatto che, se il numero dei 14.500 assunti e regolarmente iscritti all'Inpgi 1 (di cui 13 mila ex art. 1-2-12-36 del contratto nazionale di lavoro e 1.300 art. 1 impiegati nei periodici) va incrementato temporaneamente da 400 contratti a termine, la già numerosa massa di chi non gode di alcuna tutela previdenziale viene quasi raddoppiata dalla presenza di 30-40 mila collaboratori, e informatori senza titolo professionale. Sono solo 8.500 i pubblicisti che, con contratti di collaborazione varia, versano i contributi all'Inpgi 2. A questo istituto fanno anche riferimento 4.400 professionisti che operano come collaboratori autonomi. In Rai, dove nel '99 si contavano 270 precari, attualmente ammontano a 500 i giornalisti che esercitano la professione all'interno delle testate (un centinaio hanno un'anzianità lavorativa compresa tra i sei e gli otto anni). In questo ambito vanno aggiunti 600 programmisti-registi, di cui solo 20 sono giornalisti professionisti. Ancora, i praticanti Fieg scritti all'Inpgi erano 400 circa alla fine del 2003, mentre sono 700-800 i nuovi professionisti ogni anno. Secondo le rilevazioni Fieg, ben il 60% non svolge, tuttavia, attività e solo il 3-4%, dopo lunghi periodi di precariato, trova piena occupazione nelle aziende editoriali. Per quanto riguarda il mercato dei giornali, il 95% delle copie acquistate (6 milioni circa) fa riferimento a un gruppo che comprende poco meno di 30 testate (il 20% del totale); un settore economico complessivamente stagnante visto che l'80% del comparto (che conta, nel complesso 135 quotidiani e 70 agenzie di informazione) non crea nessuna nuova occupazione (da segnalare, però, l'andamento in controtendenza dei grandi gruppi editoriali e dell'informazione via web, che registrano un incremento del 2% l'anno a partire dal 2001). Alto, inoltre, il tasso di mortalità delle nuove iniziative editoriali: solo 3 su 10 sopravvivono nello stretto giro dei 12 mesi.