«Non trovo esagerato l'uso della parola "guerra", quando parliamo di fake news. È una guerra che è stata dichiarata da soggetti economici e politici contro il diritto di tutti i cittadini ad una corretta informazione». Lo ha detto la presidente della Camera, Laura Boldrini, nel suo intervento al workshop "Back to facts", un dibattito nell'ambito del Prix Italia in corso a Milano.
Secondo la presidente Boldrini, inoltre «non può esserci informazione di qualità se un pezzo viene pagato 10 euro. Perché non si può pretendere la verifica scrupolosa delle fonti, né alcun approfondimento, da parte di chi dovrà mettere insieme quanti più articoli, il più velocemente possibile, per avvicinarsi a una paga mensile che consenta almeno la sopravvivenza. Rivolgo dunque una richiesta agli editori italiani: investite di più nella qualità, che significa anche investire di più nei giovani e in strumenti adeguati a far recuperare al giornalismo il suo ruolo di analisi, di terzietà, di contributo all'arricchimento del dibattito del Paese».
In questo senso, «il fenomeno delle fake news offre una grande opportunità a tutto il giornalismo professionale, dopo anni in cui la retorica della "disintermediazione" sembrava averne indebolito il ruolo. In un mare crescente di menzogne, i cittadini hanno bisogno di potersi fidare di fonti credibili. Ma in questo mare il giornalismo sopravvive solo se investe sulla propria serietà, se marca orgogliosamente la propria differenza dai falsari, se rifiuta la logica commerciale delle notizie "acchiappaclick" che somigliano parecchio alle fake news. In questo momento è di primaria importanza aumentare lo sforzo del fact checking, del debunking, della verifica delle fonti. Ma per far questo c'è anche bisogno che i giornalisti siano pagati dignitosamente», insiste la presidente della Camera.
«Le fake news – prosegue – sono veleno: piccole, continue gocce di veleno, che arrivano ad inquinare in profondità il terreno della democrazia. Il loro obiettivo non è suscitare un sorriso, ma smuovere l'odio. Arrivano a distorcere il meccanismo del consenso e del dissenso. Chi, come me, rappresenta l'assemblea elettiva ha il dovere di occuparsi di ciò che minaccia il meccanismo democratico. Occorre cancellare i messaggi di odio prima che l'odio ci spazzi tutti via: dalle buone intenzioni si passi alle azioni. Le regole non sono un bavaglio. L'assenza di regole va a vantaggio solo dei più forti e questo in una democrazia non è tollerabile».