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Internazionale 26 Nov 2007

Il premio del giornalismo libero a un reporter cinese in prigione

Il giornalista cinese Li Changqing, attualmente in carcere, ha ricevuto il premio annuale per la “libertà nel giornalismo” dell’Associazione mondiale dei giornali (World Association of Newspapers).

Il giornalista cinese Li Changqing, attualmente in carcere, ha ricevuto il premio annuale per la “libertà nel giornalismo” dell’Associazione mondiale dei giornali (World Association of Newspapers).

E’ il secondo anno di seguito che il premio, chiamato Golden Pen of Freedom, viene assegnato a un giornalista cinese in carcere, un fatto che vuole mettere in evidenza l’esistenza di una repressione ancora molto severa sulla libertà di stampa in un Paese che pure è per altri versi in piena espansione e modernizzazione, con rapidi cambiamenti economici e sociali. Ma il diritto di parola sembra ancora un lusso. Li, che dirigeva un giornale, è stato condannato l’anno scorso a tre anni di prigione per “aver diffuso informazioni false e allarmistiche”. Il suo arresto è stato la diretta conseguenza di una serie di articoli in cui Li sosteneva l’azione di un funzionario pubblico che cercava di smascherare la corruzione intorno a sé e che a sua volta è finito condannato all’ergastolo con accuse di corruzione e concussione. Sembra che le prove contro questo funzionario, Huang Jingao, siano state confezionate ad arte dai veri funzionari corrotti che temevano di essere smascherati. Li aveva scritto molti articoli sostenendo la crociata anti-bustarelle di Huang e raccontando delle minacce ricevute da alcuni pubblici ufficiali della provincia di Fujian. Come risultato, Li è stato prima accusato di sovversione, poi l’accusa – priva di riscontri - ha cambiato linea sostenendo che Li aveva diffuso informazioni su un sito Internet straniero a proposito di un’epidemia febbrile. In Cina le informazioni sulle epidemie sono ritenute segreto di stato. Il vincitore del premio sulla libertà di stampa dell’anno scorso, Shi Tao, è stato condannato a 10 anni di prigione dopo aver diffuso via e-mail i contenuti di una circolare del governo a un gruppo americano in difesa dei diritti umani. (9Colonne)

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