«Due anni fa esatti l'Unità tornava nelle edicole per volontà dell'allora premier e segretario del Pd Matteo Renzi e ci tornava con una compagine aziendale e una direzione scelta direttamente dai vertici del Partito Democratico. Oggi, mentre i lavoratori de l'Unità sono da due mesi senza stipendio, mentre il giornale non è più nelle edicole perché gli azionisti di maggioranza Guido Stefanelli e Massimo Pessina fra i tanti non hanno saldato i debiti con lo stampatore, il Partito Democratico (che della società editrice del giornale è socio al 20%) lancia il suo nuovo quotidiano online senza ancora aver fatto nulla di concreto per garantire ai dipendenti de l'Unità almeno il diritto agli ammortizzatori sociali». È la dura presa di posizione del Comitato di redazione del quotidiano fondato da Antonio Gramsci alla notizia dell'avvio delle pubblicazioni del nuovo giornale di partito.
«Lo fa – prosegue il Cdr – dalle pagine di quel blog unita.tv, di cui il Pd è editore attraverso la fondazione Eyu, che del quotidiano fondato da Antonio Gramsci ha per due anni utilizzato indebitamente la testata senza che il Partito Democratico si adoperasse mai, fatte salve le rassicurazioni e le promesse puntualmente inevase, per risolvere una situazione di confusione che tanto danno ha creato al giornale di carta».
Per i giornalisti dell'Unità, inoltre, «dopo la coltre di silenzio che è stata calata sulla sorte de l'Unità, dopo le parole del segretario Matteo Renzi che ha cercato di liquidare i problemi del giornale come si trattasse di una crisi industriale privata e non quella di una azienda di cui il Pd è socio e di cui il partito ha contribuito a decretare il fallimento esercitando in questi due anni la propria "golden share", possiamo dire che l'ipocrisia è caduta definitivamente e che il Partito Democratico ha finalmente scoperto le proprie carte seppellendo l’esperienza de l'Unità, la sua storia e il destino di 35 famiglie, preferendo dedicarsi ad un nuovo progetto autoprodotto e autorefenziale. Per quanto amareggiati non siamo affatto sorpresi».
Il Cdr spiega, infatti, che «sapevamo da mesi di essere rimasti da soli a difendere l'Unità, la sua storia e il suo futuro, stretti in una morsa che ha visto per troppo tempo il quotidiano e i suoi lavoratori ostaggi di un braccio di ferro fatto di ricatti e veti incrociati fra l’azionista di maggioranza, la Piesse di Stefanelli e Pessina, e quello di minoranza, il Partito Democratico».
Due considerazioni, infine. La prima: «Speriamo – conclude il Comitato di redazione – che il Pd abbia il buongusto di togliere la testata dell'Unità dal blog in cui viene diffuso il nuovo quotidiano online. Lo riteniamo un fatto di rispetto e coerenza. La seconda: il 30 luglio 2014 la prima pagina del nostro giornale recitava "Hanno ucciso l'Unità". Due anni dopo si svelano gli autori del delitto perfetto, quello di allora e quello di oggi».
LE REAZIONI
Raffaele Lorusso, segretario generale della Fnsi: «Modalità inaccettabili»
«Che il Pd avesse mollato l'Unità - è il commento del segretario generale della Fnsi, Lorusso - era noto da tempo. Ma che abbia deciso di farlo in questo modo, senza neanche avvertire i giornalisti che attendono di conoscere il proprio futuro, non è accettabile. Affermare che "il giornale è sequestrato dalla proprietà" è un tentativo maldestro di autoassoluzione. Un'operazione impossibile perché le responsabilità sono evidenti e sono sotto gli occhi di tutti. Se il giornale è sequestrato dalla proprietà, come si dice, viene da chiedersi quali siano le ragioni che impediscono al Pd, che di quella società detiene una quota di minoranza, di liberarsi da quella che, seguendo il ragionamento del partito, è una camicia di forza, e di agire secondo la legge. È giunto il momento di chiarire i rapporti fra il Pd e i proprietari dell'Unità. Nonostante relazioni industriali da tempo compromesse, la Fnsi è impegnata a riaprire il tavolo del confronto con la proprietà quanto meno per permettere ai giornalisti di recuperare le retribuzioni maturate e di accedere agli ammortizzatori sociali, a questo punto l'unico strumento possibile di sostegno al reddito».
Stampa Romana: «Sull'Unità si misura la normalità del Paese»
In un Paese normale la nascita di un nuovo strumento di comunicazione come Democratica, ultima espressione della ripartenza informativa del Partito Democratico, dovrebbe essere salutato per quello che è: una buona notizia, un segnale di vitalità da parte del partito che detiene la maggioranza relativa in Parlamento.
In un Paese normale la vicenda dell'Unità, quotidiano detenuto nella quota di minoranza dallo stesso partito, si sarebbe chiusa o provvedendo al rilancio del giornale fondato da Antonio Gramsci o assicurando nella chiusura gli ammortizzatori sociali ai dipendenti e ai giornalisti che ci hanno lavorato.
Da un paio di mesi i colleghi non sono retribuiti, il giornale non esiste in edicola, e i colleghi che pure vi avrebbero diritto non si trovano in cassa integrazione perché l'editore (di maggioranza, Stefanelli e Pessina) latita.
In qualsiasi altra azienda editoriale, pur in un Paese come il nostro, anche il capolinea, anche il fine corsa, anche il rompete le righe ha la dignità legale e sindacale che merita.
Fnsi, Stampa Romana e Cdr hanno sempre detto di voler tornare al tavolo per dare risposte e garantire diritti.
Assistere alla nascita di Democratica, tra l'altro diretta da un ex condirettore dell'Unità, Andrea Romano, e passando per il veicolo di unità.tv, autentico cavallo di Troia della storia del quotidiano negli ultimi due anni, aggiunge sale alle ferite.
Torniamo a essere un Paese normale, garantendo certezze e diritti ai colleghi.