Il giornalismo è morto? Tutt’altro. Ci sono sempre più ampi spazi per tutta una serie di narrazioni che hanno bisogno di essere occupati ed è essenziale che a farsene carico siano giornalisti dotati degli strumenti classici della professione, ma declinati e aggiornati in modo tale da presidiare le nuove piattaforme e i nuovi linguaggi che è necessario conoscere per raggiungere il pubblico dei lettori, fruitori, utenti. Bisogna farlo però nel rispetto delle regole che devono garantire a chi fa informazione quell’autonomia e quell’autorevolezza senza le quali non si fa giornalismo, ma altro.
Questo il messaggio emerso dal confronto ospitato in Fnsi nel corso del quale, partendo dal libro di Michele Mezza "Giornalismi della rete, per non essere sudditi di Google e Facebook", si sono avvicendate e intrecciate le testimonianze di rappresentanti del mondo delle media company, del sindacato, delle authority, dell’associazionismo, della formazione, dell’editoria online, discutendo del futuro di una professione che, come ha ribadito il segretario generale Raffaele Lorusso, «se vuole sopravvivere ha bisogno di rinnovarsi, ma non può e non deve fare a meno di regole che garantiscano a tutti pari diritti. Altrimenti cadrà vittima della concorrenza sleale portata alle aziende sane da chi queste regole le aggira».
In gioco non c’è solo il futuro del giornalismo, ma la stessa tenuta dei sistemi democratici che sulla libertà di informazione si basano. «Non può esserci democrazia senza un’informazione di qualità – ha insistito Lorusso – e non può esserci informazione di qualità senza regole, diritti, tutele e garanzie per chi fa informazione».
E visto che il tema al centro dell’incontro era l’invasione degli algoritmi e dell’intelligenza artificiale che rischia di corrodere gli spazi della libera espressione e del giornalismo nel rapporto tra i cittadini-utenti e l’informazione, attorno al tavolo si sono seduti, oltre all’autore del libro e al segretario e al presidente della Fnsi, Lorusso e Giulietti, anche il presidente della Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi, Mattia Motta; Sergio Talamo di Formez; Simone D'Antonio dell’Anci; Marco Delmastro dell’Agcom; la presidente dell’Ordine del Lazio, Paola Spadari; il direttore di VareseNews e presidente dell’Anso, Marco Giovannelli; il direttore di Fanpage, Francesco Piccinini; Paolo Manfredi di Confartigianato e Vincenzo De Simone di Genesis Mobile, mentre Gaetano Manfredi, rettore dell’Università Federico II di Napoli, è intervenuto telefonicamente.
«Bisogna prendere atto di mondi già nati», ha detto il presidente Giulietti aprendo i lavori, «e rendersi conto che c'è tutta un'attività che è attività giornalistica e oggi viene svolta al di fuori delle regole. Questa attività deve essere presidiata dai giornalisti a cui vanno riconosciuti gli stessi diritti di cui gode chi lavora nelle redazioni».
Mentre per la presidente Spadari «il futuro della professione giornalistica sta nella riscoperta dell'essenza del fare informazione. Certo, formando i colleghi, giovani e meno giovani, all’uso dei nuovi strumenti della comunicazione, che vanno impiegati nel rispetto delle norme deontologiche. È vero che le leggi che regolano la professione sono datate e vanno aggiornate, e non è semplice farlo, ma non possiamo fare a meno delle regole che fissano diritti, ma anche e soprattutto doveri».
Sergio Talamo si è soffermato sul nuovo rapporto tra la pubblica amministrazione e i cittadini, anche alla luce della nuova legge sul Foia (il Freedom of information act), evidenziando come questo rapporto debba essere mediato da chi si occupa di informazione in maniera professionale a prescindere dalla piattaforma usata per mettere in contatto le amministrazioni e il pubblico di riferimento.
Simone d'Antonio ha ricordato come le amministrazioni italiane abbiano oggi bisogno di nuove figure di comunicatori, figure ibride dotate di competenze trasversali e capaci di raccontare da punti di vista diversi e con linguaggi diversi quello che lo Stato, nelle sue diverse articolazioni territoriali, fa per i cittadini.
Il rettore Manfredi ha raccontato il punto di vista di chi deve formare le nuove leve di cittadini e di professionisti soffermandosi sulle nuove tendenze che portano alla contaminazione dei saperi e a dotare i giornalisti degli strumenti, molto pratici oltre che teorici, che li mettano in condizione interpretare e guidare i cambiamenti che stiamo vivendo.
Marco Del Mastro ha ricordato il ruolo dell’Agcom nel costante monitoraggio del mercato dell'editoria e le difficoltà di sostenibilità economica del settore dell’informazione online, oltre al recente accordo siglato con l’Anso per l’istituzione di un Osservatorio delle testate digitali nazionali e locali.
Infine Paolo Manfredi e Vincenzo De Simone hanno presentato il punto di vista delle aziende, che oggi come mai hanno bisogno di professionisti della comunicazione in grado di informare in maniera tempestiva, completa e corretta il pubblico dei consumatori-utenti. «Solo i giornalisti hanno le competenze necessarie a ricostruire il sistema di narrazione del Paese che oggi ruota solo intorno alle due città più importati», ha osservato Manfredi. Mentre De Simone ha fatto cenno alla rivoluzione portata nel modo di fare business (e comunicazione) dall’intelligenza artificiale, dai bot e dai «nuovi sistemi sociali che si interfacciano con il pubblico che cerca informazioni, suggerendone alcune a discapito di altre».
«È necessario il confronto su quello che è il futuro anche tecnologico – ha riassunto il segretario Lorusso –, ma queste tematiche non possono prescindere dalla centralità del lavoro. La salvaguardia della qualità della democrazia viaggia in parallelo con la qualità dell'informazione, che però non si può avere senza professionisti adeguatamente remunerati e tutelati. È un tema da affrontare su scala planetaria, con la consapevolezza che al centro devono esserci il lavoro e le regole che organizzano la produzione».
Il riferimento è al mondo dei social media e degli over the top: «C'è troppo giornalismo professionale che viene troppo facilmente diffuso presso una platea indistinta attraverso i nuovi canali»; ma anche alle aziende che fanno dell’informazione il loro core-business: «Dire che il futuro è dell'informazione di qualità e dire che bisogna continuare a tagliare l'occupazione è un cortocircuito. Perché l'informazione di qualità va pagata», ha concluso Lorusso.