La violenza e la demenza da stadio non hanno limiti. Genova con la vicenda del calcio scommesse è diventata una realtà sulla quale nessuno si deve permettere di chiudere gli occhi o proseguire nella teoria pseudo sociologica del giustificazionismo.
Da ieri una collega di Repubblica “responsabile” di aver pubblicato gli atti dell’indagine che confermano gli atteggiamenti violenti, provocatori e l’accettazione di questi da parte del mondo del calcio, è oggetto di pesanti intimidazioni e minacce nei suoi confronti e della famiglia da parte di riconosciuti capi dell’ala estrema della tifoseria. E’ poi di una inaudita gravità che tali minacce siano anche pervenute su una utenza telefonica riservata, non pubblicata su alcun elenco telefonico. E’ inutile sottolineare la gravità di tali fatti. E’ forse invece utile ricordare che se tali personaggi si sentono in grado di mettere in atto comportamenti mafiosi, di pretendere il silenzio su episodi accaduti e sui quali sta indagando la magistratura, se lo fanno con l’arroganza di chi pensa di essere intoccabile, bene tutto ciò deriva anche dall’ignavia quando non da varie forme di interesse dell’ambiente calcistico in primis, calciatori dirigenti e manager, ma anche, è doveroso dirlo, di quello giornalistico, a volte complice e istigatore, almeno a livello morale. Tutti i giornalismi, i rappresentanti delle società e dei calciatori devono esprimere in modo inequivocabile e senza “falsi pudori” la loro condanna e presa di distanza definitiva da questi violenti e dementi da stadio. Il caso Genova continua ad essere sottovalutato anche a livello istituzionale: cosa hanno da dire il mondo della politica, le istituzioni pubbliche, quelle dello sporto e i veri appassionati di calcio, sul fatto che il direttore de IL SECOLO XIX ha dovuto essere sottoposto a scorta di polizia per 2 mesi perché aveva espresso libere opinioni sulla vicenda calcistica; che la redazione de IL SECOLO XIX è stata assaltata da centinaia di sedicenti tufosi; che la stessa redazione ha dovuto essere presidiata da reparti mobili di carabinieri e polizia per diversi giorni; che la redazione di REPUBBLICA è stata oggetto di lanci di fumogeni durante una manifestazione di sedicenti tifosi; che un collega di REPUBBLICA e la sua famiglia vengano minacciati per aver svolto il proprio lavoro; che i 2 magistrati che indagano sono da mesi oggetto di minacce e di tentativi di attentati e che nella civilissima Genova tra le migliaia di persone che hanno manifestato la scorsa estate nessuno abbia espresso il minimo distinto dagli striscioni a tutti ben visibili che auguravano a i 2 magistrati “una vita da scortati”, chiaro messaggio intimidatorio e mafioso. Siamo stanchi di intervenire e di parlare di solidarietà: ovviamente in questa vicenda gli unici indagati sono i giornalisti per avere reso pubblico che molti sapevano e facevano finta di non sapere. Dobbiamo aspettare un’altra puntata di questa ignobile vicenda per capire chi è contro o con la violenza?