Lunedì 16 settembre 2024, a due anni dalla morte di Mahsa Jina Amini e dall'inizio delle proteste del movimento iraniano 'Donna Vita Libertà', Amnesty International Italia ha organizzato un incontro con la stampa nella sede della Fnsi, a Roma. All'iniziativa hanno partecipato: Parisa Nazari e Sahdy Alizadeh, attiviste del movimento 'Woman Life Freedom for Peace and Justice', Sadaf Baghbani, manifestante iraniana del movimento 'Donna Vita Libertà', Taghi Rahmani, coniuge di Narges Mohammadi, prigioniera di coscienza e premio Nobel per la pace 2023, Vittorio di Trapani, presidente della Fnsi e Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
«Ci tengo a ringraziare innanzitutto Amnesty International Italia per il lavoro che svolge e per questo incontro, così come i relatori e le relatrici presenti oggi. I mezzi di informazione hanno il dovere di raccontare cosa è successo e cosa sta succedendo in Iran, non solo oggi, ma anche domani e nei giorni a venire», ha detto Di Trapani aprendo l'incontro.
«Tutti i mezzi di informazione – ha aggiunto – devono dare voce a questa lotta per la libertà e la vita. Raccontiamo le storie di queste donne che combattono, perché la loro forza può ispirare altre persone a lottare per la propria libertà. Dobbiamo parlare delle donne che resistono, non solo in Iran, ma anche in altri Paesi, come ad esempio l'Afghanistan».
Per Riccardo Noury, «torture, violenza sessuale, processi farsa e impiccagioni: questa è la realtà in Iran oggi. Nonostante il movimento 'Donna Vita Libertà', la situazione non è cambiata e la repressione contro le donne è sempre più dura. Dal 2024, ad esempio, sono state introdotte auto e telecamere della polizia per inseguire e multare le donne alla guida senza il velo, che vengono poi multate, arrestate e le loro auto sequestrate».
Dal 2022, ha spiegato ancora il portavoce di Amnesty Italia, «assistiamo a una narrazione negazionista: le autorità iraniane hanno attribuito le morti durante le proteste a suicidi o incidenti assurdi: come persone morse da cani rabbiosi o che si erano uccise tra di loro. Di fronte a tutto questo, l'unica soluzione è la giustizia internazionale, che attraverso la giurisdizione universale può permettere di processare i responsabili di crimini contro l'umanità ovunque essi si trovino. I responsabili di crimini contro l'umanità, anche se non appartenenti alla giurisdizione locale, possono essere perseguiti ovunque. Questo è un meccanismo cruciale per affrontare le gravi violazioni dei diritti umani in Iran e non solo. La giustizia universale rappresenta una via fondamentale per scalfire l'impunità di chi opprime, anche da lontano».