Nel mondo del giornalismo per le donne è ancora tempo di impari opportunità: le croniste rappresentano il 36% delle redazioni (36.82% nel 2006) ma coprono pochissime posizioni di vertice, vanno in pensione in media tre mesi più tardi dei colleghi uomini ma percepiscono un assegno inferiore. Sono alcuni dei dettagli della fotografia scattata dalla Commissione Pari Opportunità dell'Associazione stampa romana.
Nel 2006 - in base ai dati diffusi da Stampa Romana - le giornaliste contrattualizzate sono diminuite di 123 unità (862 contro le 985 del 2005), mentre le free lance sono raddoppiate (165 contro 78). Sono calate di circa 100 unità (174 contro 279) le cassintegrate e le disoccupate, dato su cui influisce in modo notevole il precariato Rai, con l'altalena di contratti a termine e periodi di disoccupazione. Interessante anche il quadro fornito dall'Istituto di previdenza dei giornalisti: tra il 2002 e il 2006, nelle redazioni ci sono state in media il 34.64% di donne (con un aumento del 2.95% nel quinquennio) e il 65.36% di uomini. Le posizioni di vertice raramente si tingono di rosa: nello stesso periodo è donna il 20.25% dei direttori (-2.35% nei cinque anni), il 13.80% dei vicedirettori, il 22.97% dei caporedattori. In media, le donne lasciano la professione a 59 anni e tre mesi (tre mesi in più rispetto agli uomini) ma percepiscono assegni mediamente inferiori. La situazione cambia un po' nel mondo degli uffici stampa: le giornaliste sono il 64% contro il 36% dei colleghi: di questi però il 28% occupa posizioni apicali (le donne si fermano al 9% della percentuale complessiva). ''Il giornalismo - ha commentato Silvia Garambois, segretario di Stampa Romana - ha bisogno di tutte le voci, i colori, le idee, perché altrimenti ancora una volta sono i cittadini a essere penalizzati: un'informazione che non sa usare anche lo sguardo delle donne rischia di essere un'informazione dimezzata''. (ANSA)