Palermo - L'anniversario dell'omicidio di Mario Francese, il cronista assassinato dalla mafia il 26 gennaio 1979, da oggi diventa la ''Giornata della memoria'' per ricordare tutti i giornalisti uccisi da Cosa Nostra o morti per difendere la libertà d'informazione. Una ricorrenza celebrata con una serie di iniziative che si sono svolte oggi a Palermo.
Prima l'inaugurazione di un cippo in viale Campania, nel luogo dell'agguato: una lapide, collocata dall'Unci e dal Comune, per ricordare il sacrificio del cronista. Poi l'intitolazione della scuola di giornalismo dell'Università di Palermo allo stesso Francese. Negli stessi locali della scuola è stata anche allestita la mostra permanente ''Mario Francese, una vita in cronaca. Per rompere il silenzio'', un'esposizione di trenta pannelli che ripercorrono la vita e la carriera del cronista del Giornale di Sicilia. Alla cerimonia di intitolazione della scuola, svoltasi nell'aula magna della facoltà di Scienze della Formazione, hanno partecipato, tra gli altri, il segretario del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, Vittorio Roidi, il rettore dell'Università di Palermo, Giuseppe Silvestri, oltre al direttore del laboratorio e di Ateneonline, Natale Conti, ai tutor e ai praticanti della scuola. ''Per la prima volta vivo questo anniversario non con tensione ma con gioia - ha detto commosso Giulio Francese, figlio di Mario - perchè finalmente questa città, e sopratutto i giovani, ricordano mio padre, rimasto a lungo dimenticato. Coerenza, coraggio, la volontà di non cedere. È questa la lezione morale che mi ha lasciato in eredità e che consegno ai ragazzi della scuola''. Giulio, anche lui giornalista, ha ricordato che la morte del padre ''non fu un caso, fu l'unico in quel momento a scoprire il nuovo volto della mafia. Dopo il suo assassinio cominciò a Palermo la strage degli innocenti''. ''Oggi è un momento di festa, ma anche per riflettere - ha detto Vittorio Roidi - Dedicare una scuola di giornalismo a Francese è prima di tutto un impegno. Una scuola di giornalismo non deve essere una scuola di eroi e martiri, ma deve insegnare a cercare la verità dietro i fatti ufficiali''. La figura di Francese è stata ricordata dal direttore del Giornale di Sicilia, Giovanni Pepi, che ha raccontato anche un episodio del quale fu testimone al Palazzo di Giustizia: ''Una donna, parente di alcuni mafiosi sotto processo, inveì contro di lui definendolo uno 'sbirro con la penna', e Mario era proprio questo: uno 'sbirro', nel senso che investigava per scoprire verità nascoste che nessuno doveva rivelare''. Il presidente dell'Ordine di Sicilia, Franco Nicastro, proprio riallacciandosi all' esempio di Francese, ha parlato di una crisi del giornalismo d'inchiesta: ''Oggi - ha detto - è la notizia che raggiunge i giornali. Manca la capacità di andare dentro i fatti. È questo che si deve insegnare in una scuola''. Alla cerimonia ha partecipato anche Sonia Alfano, la figlia di Beppe, altro cronista siciliano ucciso tredici anni fa dalla mafia, che ha denunciato la ''solitudine'' della sua famiglia. ''La memoria - ha sottolineato - non deve essere un fatto di commemorazioni. Dimenticando non si va incontro solo ad una morte fisica, come è accaduto a mio padre, ma anche ad una morte civile''. In serata, sempre a Palermo, è stata inaugurata nel complesso dello Spasimo anche una mostra nazionale (''Il giornalismo che non muore. Viaggio nel giornalismo d'inchiesta attraverso le storie dei cronisti uccisi'') organizzata dall'Ordine dei Giornalisti di Sicilia con l'associazione ''Ilaria Alpi''. L'esposizione ripercorre vite e testimonianze di 17 protagonisti della storia degli ultimi cinquant'anni del giornalismo italiano, da Giovanni Amendola a Maria Grazia Cutuli. (ANSA)