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Editoria 01 Feb 2008

Frequenze tv, l'Unione Europea boccia l'Italia Fnsi: “Rompere la logica del duopolio” Mediaset: "Nessun rischio per Retequattro" Europa 7: "Ora vogliamo il risarcimento dei danni"

Il regime italiano di assegnazione delle frequenze per le attività di trasmissione radiotelevisiva "é contrario al diritto comunitario". Lo affermano i giudici della Corte di giustizia Ue del Lussemburgo, confermando le conclusioni dell'avvocato generale

Il regime italiano di assegnazione delle frequenze per le attività di trasmissione radiotelevisiva "é contrario al diritto comunitario". Lo affermano i giudici della Corte di giustizia Ue del Lussemburgo, confermando le conclusioni dell'avvocato generale

"Tale regime - sostiene la Corte - non rispetta il principio della libera prestazione dei servizi e non segue criteri di selezione obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati". La sentenza fa riferimento ad una causa intentata da Centro Europa 7, società attiva nel settore delle trasmissioni radiotelevisive che nel 1999 aveva ottenuto dalle competenti autorità italiane un'autorizzazione a trasmettere a livello nazionale in tecnica analogica, ma non è mai stata in grado di trasmettere, in mancanza di assegnazione di radiofrequenze. Una domanda della Centro Europa 7 diretta all'accertamento del suo diritto ad ottenere l'assegnazione di frequenze, nonché il risarcimento del danno subito, è stata respinta dal giudice amministrativo. Il Consiglio di Stato, dinanzi al quale la causa pende attualmente, ha quindi interrogato la Corte di giustizia delle Comunità europee sull'interpretazione delle disposizioni di diritto comunitario relative ai criteri di assegnazione di radiofrequenze al fine di operare sul mercato delle trasmissioni radiotelevisive. Il giudice del rinvio ha sottolineato che in Italia il piano nazionale di assegnazione delle frequenze non è mai stato attuato per ragioni essenzialmente normative, che hanno consentito agli occupanti di fatto delle frequenze di continuare le loro trasmissioni, nonostante i diritti dei nuovi titolari di concessioni. Le leggi succedutesi, che hanno perpetuato un regime transitorio, hanno avuto l'effetto di non liberare le frequenze destinate ad essere assegnate ai titolari di concessioni in tecnica analogica e di impedire ad altri operatori di partecipare alla sperimentazione della televisione digitale. Nella sentenza pronunciata oggi, la Corte rileva che l'applicazione in successione dei regimi transitori strutturati dalla normativa nazionale a favore delle reti esistenti "ha avuto l'effetto di impedire l'accesso al mercato degli operatori privi di radiofrequenze". Questo effetto restrittivo è stato consolidato "dall'autorizzazione generale, a favore delle sole reti esistenti, ad operare sul mercato dei servizi radiotrasmessi". Per i giudici della Corte, "tali regimi hanno avuto l'effetto di cristallizzare le strutture del mercato nazionale e di proteggere la posizione degli operatori nazionali già attivi su detto mercato". Il limite al numero degli operatori sul territorio nazionale potrebbe essere giustificato da obiettivi d'interesse generale, ma - contestano i giudici - esso dovrebbe essere organizzato sulla base di "criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati", così come stabilisce il nuovo quadro normativo comune per i servizi di comunicazione elettronica. Di conseguenza, la Corte conclude che l'assegnazione in esclusiva e senza limiti di tempo delle frequenze ad un numero limitato di operatori esistenti, senza tener conto dei criteri citati, è contraria ai principi del Trattato sulla libera prestazione dei servizi. (ANSA) La Federazione Nazionale della Stampa Italiana comunica: “L’immagine del nostro Paese sta diventando francamente sconfortante. Ora è anche la Corte europea di giustizia che boccia senza indugi il sistema italiano di assegnazione delle frequenze radiotelevisive come contrario al diritto comunitario. La decisione della Corte di Lussemburgo è scaturita in merito al caso della società ‘Centro Europa 7’ tanto scandaloso al punto che il nostro sistema di assegnazione è stato valutato come frutto di criteri non obiettivi, trasparenti, discriminatori e non proporzionati. La sentenza nei fatti conferma la giustezza della procedura di infrazione che, nel luglio del 2006, la Commissione Ue ha aperto nei nostri confronti e dà ragione alla posizione fortemente contraria del Sindacato dei giornalisti espressa da tanto tempo in tutte le sedi. Quale che sia la soluzione che sarà data alla crisi di governo, spetta alle forze politiche giungere a decisioni che rompano davvero la logica del duopolio e che consentano, finalmente, al nostro Paese di non perdere più la faccia con l’Europa”. MEDIASET: NESSUN RISCHIO PER RETEQUATTRO MILANO - Mediaset, in un comunicato in merito alla sentenza della Corte di Giustizia europea, "riservando ogni commento all'esito della lettura, osserva sin d'ora che, quale che sia il contenuto della sentenza, questa non può comportare alcuna conseguenza sull'utilizzo delle frequenze nella disponibilità delle reti Mediaset, inclusa ovviamente Retequattro". "Il giudizio cui la sentenza si riferisce riguarda infatti esclusivamente una domanda di risarcimento danni proposta da Europa 7 contro lo Stato italiano e non può concludersi in alcun modo con pronunce relative al futuro uso delle frequenze". "Quanto all'insinuazione che Retequattro occuperebbe indebitamente spazi trasmissivi a danno di Europa 7, Mediaset - conclude il comunicato - ribadisce che Retequattro è pienamente legittimata all'utilizzo delle frequenze su cui opera. Quindi nessun rischio per Retequattro EUROPA 7: ORA FREQUENZE E RISARCIMENTO DANNI "Europa 7 accoglie con grande soddisfazione la sentenza della Corte di giustizia europea che ha riconosciuto la piena fondatezza di una battaglia giudiziaria portata avanti da ormai molti anni dal suo editore Francesco Di Stefano": è quanto si legge in una nota diffusa dall'emittente dopo le dichiarazioni a caldo del suo proprietario, Francesco Di Stefano. "Il giudizio - prosegue il comunicato - torna ora dinanzi al Consiglio di Stato che, alla luce della decisione della Corte di giustizia, si pronunzierà sulla richiesta di Europa 7 volta ad ottenere l'assegnazione delle frequenze per poter finalmente trasmettere a livello nazionale, nonché il risarcimento dei danni finora subìti da Europa 7. L'accoglimento delle domande di Europa 7 non potrà più essere ostacolato dalle disposizioni transitorie che il Ministero delle comunicazioni e l'Autorità per le comunicazioni hanno sinora invocato per giustificare il mancato riconoscimento dei diritti di Europa 7". (ANSA) GENTILONI: IL GOVERNO SI E' MOSSO IN LINEA CON LA UE "La Corte di Giustizia europea ha ragione: il regime italiano di assegnazione delle frequenze televisive è contrario al diritto comunitario. A questa consapevolezza si è sempre ispirata l'azione del governo, nelle proposte legislative e negli atti politici e amministrativi". E' quanto sottolinea il ministro delle Comunicazioni Paolo Gentiloni, commentando il pronunciamento della Corte Ue sul caso Europa 7. "La sentenza - sottolinea il ministro in una nota - riconosce il diritto di Europa 7 di vedersi assegnate frequenze trasmissive sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati. Proprio riconoscendo la fondatezza di tale diritto, il ministero delle comunicazioni aveva segnalato il 15 novembre 2006 alla Presidenza del Consiglio la necessità di modificare la posizione sostenuta in giudizio dall'Avvocatura dello Stato. E al riconoscimento di tale diritto si ispira il mio disegno di legge che assegna a chi é titolare di concessione la priorità per le frequenze liberate dal trasferimento di due reti in digitale. Più in generale, la Corte conclude che l'assegnazione in esclusiva e senza limiti di tempo delle frequenze a un numero limitato di operatori esistenti è contraria alle normative comunitarie". "Aprire ai titolari di concessioni e a nuovi soggetti il mercato delle frequenze - continua Gentiloni - è uno dei principi ispiratori, oltre che del disegno di riforma TV, del bando di gara per l'assegnazione di frequenze disponibili, il primo mai fatto in Italia, e dell'accordo sulla Sardegna che per la prima volta prevede la restituzione di frequenze allo Stato e la loro messa a gara". "In questi venti mesi si sono finalmente mossi i primi passi per ripristinare le regole del diritto e della concorrenza nel sistema delle frequenze televisive. Ora, nonostante l'interruzione anticipata del Governo Prodi, la soluzione di questi problemi non può essere rimessa soltanto alla magistratura. La legge vigente - conclude il ministro - dovrà comunque essere modificata in Parlamento, anche per far fronte alle incombenti procedure di infrazione comunitaria". CALABRO', SENTENZA CORTE UE RICHIEDE MODIFICA LEGGE GASPARRI Sul piano legislativo la sentenza della Corte di Giustizia europea che ha di fatto 'bocciato' l'assegnazione delle frequenze in Italia, richiede che "il legislatore modifiche la legge Gasparri, affinché nella fase di passaggio al digitale non si prolunghi l'uso delle frequenze in base ad una assegnazione che ha convalidato una occupazione di fatto". È il commento del presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Corrado Calabrò, alla decisione della Corte Ue. Conversando con i giornalisti a margine di una conferenza stampa, Calabrò ha indicato, quale esempio di apertura agli operatori nuovi entranti realizzata con la legge vigente, il piano di assegnazione delle frequenze messo a punto dall'Autorità perla Sardegna, una delle regioni dove il passaggio al nuovo sistema televisivo è stato anticipato. "In fase di passaggio al digitale, sul piano giurisdizionale di assegnazione delle frequenze, ministero ed Autorità debbono far sì che l'assegnazione di questo bene sia basata su criteri trasparenti e non discriminatori e quindi -ha proseguito Calabrò- non sia limitata agli attuali utilizzatori. È appunto quello che abbiamo fatto con il piano per la Sardegna, che ha soddisfatto tutto gli operatori. Con questo piano abbiamo anticipato i criteri guida indicati dalla Corte europea, e, forzandola, siamo andati oltre la legge vigente, richiamandoci ai principi comunitari". In altre parole nel piano per l'assegnazione delle frequenze in Sardegna è stato dato spazio ad operatori nuovi entranti cui è stata garantita una adeguata copertura del territorio. Dunque, a giudizio del presidente dell'AgCom "non è producente trasferire una rete di qua o di là. Il piano per la Sardegna dimostra che il passaggio più efficace si fa 'area per area'". "Siamo riusciti a dare frequenze ad altri utilizzatori in un'isola che presentava particolarità di territorio, riusciremo -ha detto ancora Calabrò- anche a livello nazionale. In più ora abbiamo a disposizione il catasto delle frequenze", che ha messo ordine in quello che lo stesso presidente ha definito "il far west" esistente in precedenza. Ciò detto "chiarezza legislativa va fatta", ha spiegato il presidente dell'AgCom. Magari puntando "in questa situazione di instabilità ad adottare poche norme chiare sulle quali la Corte europea ha dato indicazioni chiare". Sul piano giurisdizionale poi, spetterà al Consiglio di Stato pronunciarsi sul l'eventuale risarcimento dovuto a Centro Europa 7, l'emittente che pur avendo una concessione a trasmettere non ha mai ricevuto le frequenze che gli avrebbero consentito di farlo. (ADNKRONOS)

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