In Russia ogni anno circa diecimila donne vengono uccise da un loro parente, compagno o marito. È quanto emerge dai dati pubblicati in questi giorni, dopo la scoperta del barbaro assassinio di Irina Kabanov, una giornalista moscovita e mamma di tre bambini di età compresa fra i due e i sette anni, da parte del marito che per giorni aveva invece raccolto la solidarietà dell'opinione pubblica a cui aveva, con una serie di post sul suo account Facebook, denunciato la scomparsa della moglie.
Un disegno di legge per fare fronte alla violenza domestica in via di definizione dallo scorso mese di settembre sarà presentato alla Duma di stato già a febbraio, ma le resistenze sono cominciate ad arrivare in anticipo e ogni tentativo in questo senso avviato dagli anni novanta si è sempre insabbiato. ''I fanatici del liberalismo stanno cercando di introdurre in Russia il modello occidentale per distruggere la famiglia'' il commento pubblicato sul quotidiano online Vzglyand.
Il testo riconosce come reato la violenza domestica e assegna alla polizia e ai tribunali il potere di emettere ordinanze per la limitazione degli spostamenti degli aggressori e per imporre loro terapie. ''Non c'è abbastanza consapevolezza di questo problema. E poi sono in molti a sostenere che il governo non deve interferire con le questioni famigliari'', spiega la deputata del partito putiniano di Russia Unita Salya Muzarbeva che sostiene il disegno di legge.
Lo scorso undici gennaio Aleksei Kabanov, che ha 39 anni ed è noto per aver fondato un caffè molto frequentato da intellettuali e hipsters nella capitale russa, L'O.G.I Project, ha confessato di aver strangolato nel loro appartamento di Mosca la moglie Irina Cherska, che aveva la sua stessa età, dopo una lite, e di aver poi smembrato il corpo nascosto in un'auto chiesta in prestito a un amico. Secondo alcune testimonianze raccolte dopo la scomparsa di Irina, era spesso vittima di aggressioni da parte del marito.
La metà delle donne russe è vittima di violenza domestica, o comunque di violenza di qualche tipo da parte di un uomo, ha denunciato in questi giorni Maria Mokhova, un'attivista che dirige Syostry (sorelle), un centro per l'aiuto delle vittime di violenza sessuale. ''E non c'è un articolo del codice penale, nessuna legge specifica sulla violenza domestica. Il governo non è nteressato a questo problema, quindi mancano anche statistiche ufficiali aggiornate'', ha spiegato in una recente intervista all'agenzia di stampa Ria Novosti.
E' invece l'organizzazione non governativa ANNA che si occupa di seguire e dare aiuto alle donne vittime di abusi a denunciare i 10mila casi di femminicidio, a opera di parenti, in Russia ogni anno. Due anni fa Tatiana Melnikova, capo della commissione affari sociali della Duma, denunciava che dei 21.400 assassini commessi nel 2009 in Russia, 14mila, ovvero i due terzi, erano di donne uccise in casa, una cifra cresciuta del 50 per cento rispetto al 2002. Sempre quell'anno il ministero degli Interni denunciava 34mila casi di violenza domestica.
Olga Kostina, che dirige l'organizzazione non governativa ''Soprotivleniye'', (resistenza) chiede a gran voce, oltre che l'approvazione della legge che ha contribuito a stendere, l'istituzione di case rifugio in tutto il paese. ''Non esistono quasi posti in cui le vittime possono andare per fuggire la violenza a casa''. Ci sono solo venti centri di assistenza in tutto il paese, per una popolazione di 143 milioni di persone, centri che offrono consigli e una accoglienza solo per brevi periodi e per donne con regolare permesso di residenza. ''Se una donna poi non ha il permesso di residenza a Mosca, non gli è consentito di rimanere al centro di crisi di Mosca'', precisa Kostina, che fa anche parte della Camera pubblica, un osservatorio istituito dal Cremlino per seguire i problemi sociali.
Sono ancora solo il dieci per cento le vittime di violenza domestica che denunciano i loro aggressori, spiega Mari Davtian, consulente legale per ANNA, intervistata da Radio Europa libera. ''Una donna deve presentare da sola la denuncia in tribunale e dimostrare di essere stata vittima di un reato. Nei casi di violenza domestica è molto difficile, se vive con la persona che denuncia, e in pericolo'', aggiunge.
''È cruciale ora battersi per una legge che difenda le vittime di questi reati e che offra loro garanzie sociali che dovrebbero essere comunque garantite dalla costituzione'', sottolinea. (MOSCA, 28 GENNAIO - ADNKRONOS)