Il Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri deve pronunciarsi entro 30 giorni sulla richiesta di convocazione della Commissione per la valutazione dell'equo compenso nel lavoro giornalistico istituita con la legge 233 del 2012. Lo ha stabilito il Tar del Lazio accogliendo il ricorso presentato da Associazione della Stampa Siciliana e Associazione Stampa Romana contro il silenzio serbato dall'amministrazione alla formale richiesta di convocare la Commissione avanzata via posta certificata dai rappresentanti dei giornalisti.
Le due Associazioni regionali di Stampa, e con loro gli iscritti Dario Fidora (Sicilia) e Monica Soldano (Lazio), avevano inviato due diffide al Die per chiedere la convocazione della Commissione – cui la legge affida il compito di definire l'equo compenso e di redigere l'elenco delle pubblicazioni che ne garantiscono il rispetto – nonché, specifica la sentenza, «per l'accertamento dell'obbligo di provvedere in relazione alle medesime istanze mediante l'adozione di un doveroso provvedimento espresso».
Alla prima richiesta, il Dipartimento rispose che si sarebbe proceduto a riconvocare la Commissione non appena formalizzata la nuova compagine governativa e l'attribuzione dei relativi incarichi, compresa la delega per l'Informazione e l'editoria al vertice politico, a cui compete la presidenza della Commissione.
Otto mesi dopo, a dicembre 2018, non avendo ricevuto riscontro, è partita la seconda diffida, alla quale le amministrazioni destinatarie non hanno dato seguito.
Impugnato davanti alla giustizia amministrativa il silenzio della Presidenza del Consiglio e del Dipartimento per l'Editoria, il Tar ha dato ragione ai giornalisti, dichiarando «l'illegittimità dell'inerzia» dell'amministrazione competente e ordinando di provvedere a «un formale pronunciamento» sulle istanze proposte dai ricorrenti entro, appunto, il termine di 30 giorni.
PER APPROFONDIRE
Di seguito la sentenza del Tar del Lazio pubblicata il 21 marzo 2019.