Nel giorno delle voci sul cambio di direttore, il Cdr de l’Unità prende carta e penna e scrive all’azienda per chiedere chiarezza sul futuro del giornale fondato da Antonio Gramsci. «Con i ricatti – scrive il Comitato di redazione – non è possibile alcun vero confronto. Si dichiari in modo trasparente qual è il disegno su l'Unità, con documenti scritti, piani industriali e editoriali e li si presenti alla redazione. Ci aspettiamo che l'azienda e gli azionisti smentiscano le ultime indiscrezioni sui numeri degli occupati, facendo chiarezza una volta per tutte. Siamo pronti a ogni forma di lotta in caso di azioni unilaterali».
E con riferimento alle indiscrezioni su prossimi, pesanti tagli al personale, secondo le quali il numero di giornalisti scenderebbe da 31 a 16, il Cdr ci tiene a far sapere che «questo "fallimento" non lo pagheranno i lavoratori. Non saranno loro a dover pagare il conto per copie non vendute: il problema sono le scelte editoriali e industriali fatte finora, su cui più volte la redazione ha tentato invano di aprire un confronto».
I giornalisti de l’Unità lamentano poi che per la prima volta nella storia del giornale non è stato elaborato un piano industriale né editoriale, e che alla redazione non è stata data la possibilità di esprimere il voto di gradimento. «È arrivato il momento di giocare a carte scoperte. Per questo – si legge ancora nella nota del Cdr – aggiungiamo che ci pare molto sospetto il fatto che le minacce di riduzione del personale arrivino proprio mentre la redazione è posta sotto una pressione pesantissima da parte dell'azienda, che chiede la liberatoria per l'accollo del Tfr maturato nella passata società editoriale. Qualsiasi scelta in questo campo deve restare libera: le minacce non ci piacciono. Ci suonerebbe strano, poi che un partito che si dichiara difensore dell'occupazione stabile possa consentire il dimezzamento dei posti di lavoro in un'azienda partecipata, e di forte valore storico e simbolico per i suoi elettori».