Il Corriere Mercantile ha annunciato la sospensione delle pubblicazioni: una decisione, sofferta e travagliata, dovuta al taglio delle provvidenze pubbliche per l’editoria e all’indifferenza del mondo imprenditoriale e politico ligure e genovese. “Genova e la Liguria non facciano spegnere la voce dell’informazione”, è l’appello che l’Associazione ligure dei giornalisti, nell’esprimere solidarietà ai colleghi, rivolge a politici e imprenditori del territorio.
L’Associazione Ligure dei giornalisti esprime solidarietà ai
colleghi della cooperativa G&P che oggi hanno deciso di sospendere le
pubblicazioni delle due storiche testate genovesi, il Corriere Mercantile e la
Gazzetta del Lunedì.
“La decisione, sofferta e travagliata, è arrivata – scrive in una nota
Alessandra Costante, segretario dell'Associazione Ligure dei Giornalisti – alla
fine di una lunga crisi economica e aziendale dovuta al taglio delle
provvidenze pubbliche per l’editoria e al ritardo con cui i contributi
sono stati erogati negli ultimi anni. Una crisi economica dovuta anche
all’indifferenza del mondo imprenditoriale e politico ligure e genovese”.
“L’informazione non può essere solo una questione di mercato – prosegue il
comunicato dell'Assostampa ligure –, la vicenda del Mercantile non può essere
archiviata solo attraverso la lettura delle copie vendute o del posizionamento
pubblicitario. La speranza è che durante la sospensione delle pubblicazioni,
Genova e la Liguria sappiano organizzare il salvataggio di queste due storiche
testate”.
“Un tentativo – conclude la nota – che deve essere fatto e che meritano i 30
colleghi (tra soci lavoratori, dipendenti, collaboratori e fotografi) che in
questi anni difficilissimi hanno sempre fatto uscire il giornale e che negli
ultimi mesi, senza stipendio, hanno lavorato per puro spirito di servizio e per
provare a mantenere il loro posto di lavoro”.
Di sconfitta parla il Cdr del quotidiano nel comunicato pubblicato oggi sul
giornale. “Da lunedì in questa città ci saranno ventitrè posti di
lavoro in meno: quattordici giornalisti, tre grafici, due fotoreporter, due
collaboratori fissi, due collaboratori amministrativi. Nei mesi scorsi altri
dieci colleghi, tra giornalisti e addetti ai servizi, per motivi diversi erano
stati costretti ad interrompere il rapporto di lavoro. A loro vanno aggiunti i
numerosi collaboratori esterni. Insomma una media impresa che si dissolve”,
scrive il Comitato di redazione.
“Da cronisti fino all’ultimo, partiamo dall’essenzialità della notizia. Così
come abbiamo fatto tante, troppe, volte in questi anni per raccontare capitoli
dello stesso dramma occupazionale: uno stillicidio di saperi, professionalità,
capacità, talenti, sacrifici spazzati, talvolta in silenzio, per essere
immolati sull’altare del ’modello di business’. Se non ci stai dentro, non
servi più, non conti più. Vuoti a perdere. Che sei giornalista, artigiano,
commerciante, libero professionista, manovale. Non ci sono lavori che valgono più
di altri, tutti hanno la stessa dignità. E nell’ora del commiato - prosegue la
nota - questo teniamo a precisare scansando tentazioni retoriche o
autoreferenziali, semplicistiche e ormai stantie. La nostra storia, il nostro
epilogo, semplicemente assurgono a simbolo della deriva di un sistema e,
soprattutto, di una città, dove un giornale che chiude, l’ultimo rimasto, vale
come un altro frammento dell’identità spezzata e avviata a smarrirsi”.
L’analisi del sindacato aziendale è lucida: “Ci sono tanti motivi e qualche
responsabilità se oggi siamo costretti a gettare la spugna vanificando
l’impegno e la tenacia che fino ad ora ci hanno consentito di arrivare in
edicola: senza stipendio da mesi, con retribuzioni e condizioni di
lavoro ’storicamente’ ben lontane dai ’parametri’ della
categoria”, rileva il Cdr, chiamando poi in causa anche le
istituzioni e quelli che fino a poco fa erano i partner della cooperativa
editoriale.
“La crisi di un modello di editoria vicino all’implosione è innegabile. Ma nel
momento della scelta di chi sostentare, il governo ha pensato di privilegiare i
grandi gruppi magari quotati in borsa, evidentemente più capaci di esercitare
attenzioni, foraggiando interventi generosi e dimenticando gli impegni assunti
con gli altri, noi editoria no profit. E non è stato bello scoprire dalla sera
alla mattina che il tuo partner, prestigioso ed interprete di una grande
tradizione imprenditoriale, ti aveva tradito
diventando ’competitor’ dopo aver condiviso una
sfida coraggiosa. In mezzo altri partner che, fiutando le correnti di
tempesta, hanno abbandonato la nave raggiungendo la riva dalla quale assistere
compassionevoli al naufragio. Improvvisamente soli, a parte il sostegno
dell’associazione giornalisti e di ben pochi altri. Irrimediabilmente deboli. E
oggi – conclude il Cdr – sconfitti”.