Di cosa si parla quando si parla di Fondo di previdenza complementare? Sapere di cosa si parla è cosa buona e utile in generale. Lo è ancora di più quando si avanzano delle proposte di “cambiamento”. Altrimenti si rischiano disinformazione e danni.
Di cosa si parla quando si parla di Fondo di previdenza complementare? Sapere di cosa si parla è cosa buona e utile in generale. Lo è ancora di più quando si avanzano delle proposte di “cambiamento”. Altrimenti si rischiano disinformazione e danni. Per estrema correttezza - forse non necessaria, ma sono una “ragazza” molto scrupolosa, purtroppo per me - ho atteso che si chiudessero le urne del Fondo, al cui Consiglio mi sono ricandidata, prima di replicare all’appello per l’astensione dal voto. Proposta così motivata da Senza Bavaglio: “Occorre scegliere professionisti fuori dal ristretto cerchio giornalistico; professionisti che abbiano competenze specifiche e siano in grado di muoversi nel mondo finanziario da protagonisti e non da osservatori, come noi giornalisti siamo per natura”. Quindi Senza Bavaglio propone una riforma dello statuto che preveda un consiglio d’amministrazione composto prevalentemente da tecnici “scelti tra coloro che hanno dimostrato di saper amministrare i fondi pensione con rendimento migliore di quello imposto per legge alla gestione aziendale del TFR”. Si tratta di proposte improbabili perché le leggi e gli organismi che governano e controllano il Fondo in parte prescrivono altro ed in parte certe opzioni già le prevedono. Tuttavia questa è un’ottima occasione per riassumere ai colleghi i meccanismi del nostro Fondo che, come per tutti i Fondi negoziali, discendono da una legge istitutiva e dunque non modificabile, tanto meno da uno statuto. Obbligano ad un equilibrio fra rappresentanze sindacali e datoriali, ma insieme prevedono (già) la possibilità che ognuna delle due componenti possa scegliersi i propri consiglieri anche al di fuori della categoria. E’ infine un’ottima occasione per ricordare che, come sempre, dietro a molte discussioni di metodo sul futuro dei Fondi pensione (chiusi, aperti, individuali…) si nasconde la sorda lotta di alcune potenti lobby, assicurazioni in testa, per accaparrarsi la ricca torta dei trattamenti di fine rapporto in libera uscita. Così potenti da indurre quel braccio di ferro in Consiglio dei ministri che ha visto il decreto “congelato” per un mese… Comunque un dato è certo: i Fondi chiusi costano infinitamente meno e hanno controlli più rigorosi di quelli aperti che sono in mano ai “tecnici” di banche e assicurazioni. Vediamo ora nel merito tutti i passaggi: 1 - Il Fondo di Previdenza Complementare, ancorché soggetto di diritto privato, opera nell’ambito di norme legislative molto rigide e sotto il controllo del Ministero del Lavoro e della Covip (Autorità di garanzia sui fondi complementari). Le norme di legge impongono che la raccolta dei contributi, la gestione amministrativa e la gestione finanziaria non siano gestite direttamente dal Fondo, ma vadano affidate all’esterno. Di conseguenza il Consiglio di amministrazione ha il compito di individuare i gestori, ma non può procedere direttamente a investimenti finanziari. Oggi il nostro Fondo ha quale banca depositaria Bancaintesa, alla quale affluiscono i contributi degli iscritti versati dalle aziende. La massa finanziaria è gestita in parti uguali da San Paolo Imi e Azimut. Il gestore amministrativo è Previnet, la maggiore società su piazza specializzata nella gestione amministrativa dei fondi. Il compito del Consiglio di amministrazione è, quindi, quello di scegliere e casomai di cambiare i gestori. Compito che il CdA uscente ha svolto rigorosamente, con procedure trasparenti. La selezione è stata effettuata entro un’ampia rosa di gestori nazionali ed internazionali da parte d’una commissione tecnica, analizzando le offerte e mettendole fra loro in competizione, strappando ai prescelti le migliori condizioni normative ed economiche. 2 – Il Consiglio d’amministrazione si è quindi dotato della consulenza di una società specialistica indipendente, la Agorà SpA. Per cui le verifiche incrociate avvengono secondo il seguente schema: l’advisor Agorà monitora e controlla permanentemente i due gestori finanziari e la banca depositaria, riferendo al Consiglio di amministrazione; la banca depositaria controlla i gestori finanziari; Previnet controlla la banca depositaria ed i gestori finanziari; i sindaci e revisori dei conti controllano Previnet. Tutti, incluso ovviamente il CdA, vengono controllati dalla Covip. 3 – Emerge dunque con chiarezza che il Consiglio di amministrazione non è chiamato a svolgere funzioni tecniche, bensì funzioni meramente “politiche”. Per questo è importante che i consiglieri siano non dei tecnici (pur essendo utile che abbiano, come hanno, una cultura economica) ma delle persone con forti capacità e potere di sostenere gli interessi dei loro rappresentati. 4 – In particolare il nostro Fondo è composto, per disposizioni di legge (e in proporzioni diverse da altri enti di categoria, come l’Inpgi), da sei rappresentanti della Fieg e da sei rappresentanti degli iscritti. Si noti: rappresentanti. Quindi non debbono essere necessariamente né editori né giornalisti, basta che da questi ultimi siano indicati od eletti a rappresentarli. Sarebbe quindi già sin da ora possibile, senza che si debba procedere ad alcuna modifica di statuto, scegliere i candidati consiglieri all’esterno della categoria. 5 - Ciò nonostante è conveniente che il Consiglio di amministrazione del Fondo sia invece, nella metà di competenza di noi iscritti, non solo composto da giornalisti, ma anche da giornalisti sindacalmente sensibilizzati: capaci di fronteggiare con cognizione di causa i rappresentanti degli editori (in genere capi del personale e alti dirigenti) e di raccordarsi con la Federazione nazionale della stampa. Perché è proprio la Fnsi una delle due “fonti istitutive” del nostro Fondo; è la Fnsi che ottenne l’inserimento nel Cnlg (contratto nazionale di lavoro) Fnsi/Fieg dell’obbligo di contribuzione al Fondo; è la Fnsi cui spetta la difesa ed il miglioramento di tale norma contrattuale; è la Fnsi cui compete in sintonia con la Fieg ogni eventuale modifica dello statuto. 6 – Quindi dare la nostra delega a consiglieri “tecnici”, che peraltro difficilmente si presterebbero ad impegnarsi gratuitamente in CdA, significherebbe recidere l’utile legame con la categoria. Inoltre tutti o quasi i tecnici provengono o continuano ad avere rapporti con banche ed assicurazioni, concorrenti dirette del nostro Fondo. 7 – Comunque anche i consiglieri giornalisti devono rispondere a precisi requisiti di legge ed essere, ad esempio, già stati amministratori di enti previdenziali. (Quest’ultimo punto è noto, ma l’ho messo perché mi piaceva arrivare al numero di sette… E ne approfitto per ringraziare quanti hanno con pazienza letto sin qui). Marina Cosi Presidente del Fondo di Previdenza Complementare dei Giornalisti Italiani