Chiude il Giornale di Latina. «Con la chiusura del quotidiano – commentano Gaetano Coppola, fiduciario Asr Latina di Latina, e Lazzaro Pappagallo, segretario dell’Associazione Stampa Romana – scompare il caso più eclatante e devastante di caporalato giornalistico nella nostra regione (con il "gemello" il Giornale della Provincia diffuso nell'area metropolitana romana). La denuncia di Stampa Romana, il ruolo di vigilanza dell'Inpgi e dell'Ordine dei giornalisti, la spinta dei colleghi pontini, stufi di una condizione di plateale dumping, hanno avuto la meglio sulle ragioni di editori spregiudicati e senza scrupoli».
Spiegano ancora i rappresentanti di Stampa Romana: «La chiusura del quotidiano travolge i giornalisti che ne hanno consentito pubblicazione e diffusione, tra rapporti di lavoro dipendente e collaborazioni. Non ci sarà purtroppo alcuna possibilità di sostenerli con gli ammortizzatori sociali. Ne avrebbero avuto diritto se l'impresa editoriale fosse stata condotta all'interno delle regole contrattuali e contributive. Non sempre dunque paga per loro il tutto e subito. Non sempre paga la scarsa o nulla considerazione delle leggi. Non è un diritto lavorare a tutti i costi. Farlo al nero non solo compromette la propria reputazione professionale, non solo danneggia i colleghi che lavorano rispettando le regole ma li penalizza concretamente oggi che hanno trovato le porte della redazione chiuse a doppia mandata».
Infine, il sindacato territoriale torna sugli ultimi interventi di alcuni importanti rappresentanti delle istituzioni con cui veniva espressa solidarietà ai giornalisti e in cui si parlava di un impoverimento dell'informazione per i cittadini: «Peccato – concludono Pappagallo e Coppola – che da parte degli stessi rappresentanti istituzionali non sia arrivata attenzione, anche minima, davanti alle denunce sul "caporalato" su cui si fondava Il Giornale di Latina e sull'assenza di qualsiasi regola in quell'impresa editoriale. Alcuni enti hanno anzi finanziato il giornale con pubblicità istituzionale. Un loro intervento, in tempi diversi, avrebbe forse consentito operazioni diverse e così garantito sia la corretta e plurale informazione che gli stessi giornalisti. Oggi è tardi».