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Rai 12 Mag 2007

Bufera sulla Rai: il Governo vuole "licenziare" Petroni e il centrodestra insorge. Mercoledì il Consiglio d'Amministrazione

Il governo prova a licenziare Angelo Maria Petroni, il centrodestra insorge e grida al golpe e alla lottizzazione. La maggioranza plaude alla mossa di Tommaso Padoa-Schioppa e assicura che il Tesoro, azionista di maggioranza della Rai, può cacciare dal Cda il 'suo' consigliere (nominato cioé da via XX settembre e non dal Parlamento)

Il governo prova a licenziare Angelo Maria Petroni, il centrodestra insorge e grida al golpe e alla lottizzazione. La maggioranza plaude alla mossa di Tommaso Padoa-Schioppa e assicura che il Tesoro, azionista di maggioranza della Rai, può cacciare dal Cda il 'suo' consigliere (nominato cioé da via XX settembre e non dal Parlamento)

Dietro l'offensiva contro Petroni, però, il governo fa capire che è pronto ad aprire una trattativa con la Cdl, annunciando un Disegno di legge di riforma della governance della Rai e invitando l'opposizione a collaborare. Padoa-Schioppa (nonostante una certa perplessità manifestata da Emma Bonino nel Cdm, stoppata però da Romano Prodi) si decide a fare quello che l'Unione chiedeva da tempo, e cioé sfiduciare Petroni. La maggioranza esulta, anche se il segretario del Pdci Oliviero Diliberto, in polemica con il Tesoro sulla riforma delle pensioni, osserva malizioso: "In quello che è successo non c'é nulla di strano. Anzi, la decisione è tardiva". Rifondazione comunista e Verdi vedono nella sfiducia a Petroni il primo passo per poter rilanciare la Rai. I responsabili Informazione dei Ds e della Margherita, Roberto Cuillo e Renzo Lusetti, spronano il governo a mettere mano rapidamente alla riforma della Rai: Prodi presenterà una bozza di Ddl già al prossimo Consiglio dei ministri. Distinguo arrivano dal ministro della Giustizia Clemente Mastella e dal segretario dello Sdi Enrico Boselli, che ritengono necessarie le dimissioni di tutto il Consiglio di amministrazione. Posizione condivisa dal leader di An Gianfranco Fini e dal segretario dell'Udc Lorenzo Cesa, che non vede alternative: o si dimette anche il presidente Claudio Petruccioli o va a casa tutto il Cda. Schermaglie che rivelano quello che potrebbe essere un nuovo scontro sulla Rai. Da una parte Ulivo e Prc, ben rappresentati nel Cda, che chiedono di sostituire solo Petroni. Dall'altra i 'piccoli' del centrosinistra (spalleggiati da An) che puntano a un azzeramento dei vertici, sperando magari di ottenere qualche poltrona che oggi non hanno. Lo stesso Prodi, che rimase scottato a suo tempo dalla scelta di Petruccioli alla guida del Cda, imposto dall'Ulivo, punterebbe a ridisegnare completamente gli assetti dall'azienda. Ecco allora il Ddl di riforma annunciato. In ogni caso, sembra che ci sia il tentativo da parte di Palazzo Chigi si avviare un dialogo con il centrodestra. Innanzitutto, trapela da ambienti ministeriali, i vertici della Cdl erano stati avvertiti preventivamente della mossa di Padoa-Schioppa. E inoltre, ambasciatori dell'Unione avrebbero fatto capire agli avversari di essere pronti ad aprire un confronto sul Ddl che il governo dovrebbe discutere la prossima settimana. Questa sarà comunque una partita successiva, va registrata l'ira di tutta l'opposizione. Secondo Maurizio Gasparri (An), il governo ha tenuto "un comportamento banditesco", mentre per il leghista Roberto Maroni "queste cose non accadono neppure in Cina o a Cuba". La linea della Cdl é chiara: Sandro Bondi dice che la decisione del Tesoro è illegale e anche Paolo Bonaiuti, vice presidente della Vigilanza Rai, osserva: "Un tentativo insostenibile dal punto di vista giuridico. Tant'é che lo tentano solo oggi, e non un anno fa". Il presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai Mario Landolfi (An) ricorda che Petroni può essere revocato solo con il parere preventivo della commissione. Considerazioni che non convincono il centrosinistra, sicuro di avere le carte per cacciare il consigliere indesiderato. C'é la giusta causa, ragionano esponenti dell'Ulivo. Anzi, ce ne è più di una: il calo di ascolti delle reti Rai, la perdita di quote nel mercato pubblicitario, la multa e le vicende giudiziarie (per i cinque consiglieri di centrodestra) per lo stipendio concesso all'ex direttore generale Alfredo Meocci.

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