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Appuntamenti 03 Nov 2011

“Bielorussia, prigione a cielo aperto” La storia della giornalista Natalja Radina

Secondo l'ultimo rapporto annuale dell'organizzazione americana Freedom House, la Bielorussia è tra i primi dieci Paesi con la peggiore libertà di stampa.“I media – si legge nel documento pubblicato nel mese di maggio - fungono da portavoce delle autorità. L'accesso dei cittadini ad informazioni imparziali è molto limitata, e il dissenso soppresso con pene varie".

Secondo l'ultimo rapporto annuale dell'organizzazione americana Freedom House, la Bielorussia è tra i primi dieci Paesi con la peggiore libertà di stampa.
“I media – si legge nel documento pubblicato nel mese di maggio - fungono da portavoce delle autorità. L'accesso dei cittadini ad informazioni imparziali è molto limitata, e il dissenso soppresso con pene varie".

L’associazione ANNAVIVA ritiene sia ormai necessario e improrogabile richiamare l'attenzione pubblica sull'attuale situazione in Bielorussia.

BIELORUSSIA, PRIGIONE A CIELO APERTO Venerdì 4 novembre 2011 – ore 18.30 OstelloBello, via Medici 4 (ang. via Torino) Milano

Ne discuteremo con:

Natalja Radina - giornalista bielorussa del portale indipendente Charter ’97, che ha da poco ricevuto asilo politico dalle autorità lituane ed è attualmente riparata a Vilnius.

Vera Stremkovskaya - avvocata bielorussa impegnata nella difesa dei diritti umani. Perseguitata nel suo paese, vive attualmente in Svezia

On. Matteo Mecacci – Deputato Radicale nelle liste del PD e Presidente Commissione parlamentare diritti umani e democrazia Osce

Giulio Manfredi - Presidente Associazione Radicale Adelaide Aglietta

Bruno Dapei, Presidente del Consiglio Provinciale di Milano

Modera l'incontro il giornalista Rai e membro fondatore dell'associazione AnnaViva Andrea Riscassi – autore del libro Anna è viva. LA LITUANIA CONCEDE L’ASILO POLITICO ALLA GIORNALISTA BIELORUSSA NATALIA RADINA "Natalia Radina è una giornalista bielorussa del portale indipendente Charter ’97: http://charter97.org/en/news/ È stata arrestata a seguito della manifestazione dell’opposizione di dicembre, per aver protestato contro i brogli alle elezioni presidenziali. Detenuta per più di un mese, è stata in seguito rilasciata e sottoposta agli arresti domiciliari. È accusata di aver organizzato e partecipato agli scontri di massa.
Ora è fuggita dal paese.
Dopo essere andata nei Paesi Bassi, la giornalista di Charter ’97 era arrivata a Vilnius, in Lituania per poter continuare a fare informazione sul suo paese (dove conta di tornare presto, una volta che sia diventato democratico).
Aveva chiesto asilo politico. Le autorità lituane ci hanno pensato un po’ su (sollecitate anche da una lettera di Annaviva che vorrebbe avere presto Radina ospite di un convegno sulla libertà di stampa da organizzare a Milano) ma ora le è arrivato un permesso di 5 anni."
Questa la lettera con cui racconta la sua fuga dall’ultima dittatura d’Europa, pubblicata da http://www.indexoncensorship.org/
Dopo essere stata costretta a fuggire dalla Bielorussia, il mio viaggio verso la libertà in Europa è durato esattamente quattro mesi.
Mesi che sembravano sembrava senza fine, perché non c’è niente di più noioso che aspettare, soprattutto in isolamento. Ma facciamo un passo indietro.
Dopo un mese e mezzo in una prigione, il Kgb (i servizi segreti lì non hanno – significativamente – cambiato nome, Ndr) non mi ha restituto il passaporto. Questo è totalmente illegale. All’imputato, rilasciato su cauzione prima del processo, devono essere restituiti tutti i documenti. Ma Il Kgb bielorusso è noto per sputare sulle leggi.
Anche prima che le autorità mi ha chiamassero per un interrogatorio a Minsk, avevano già messo in chiaro che avevano deciso di chiudere il sito web charter97 una volta per tutte. Dopo il mio rilascio dalla prigione del Kgb, ero costantemente minacciata di essere rimandata in cella all’Americanka (famigerato carcere del Kgb nel centro di Minsk, Ndr) ma divenne evidente che il mio arresto e la conseguente pressione su di me non stavano avendo l’effetto desiderato: il sito ha continuato ad essere indipendente. La mia “colpa” è stata aggravata dal fatto che ho fatto parte del team elettorale di Andrei Sannikov, quando si è candidato alle presidenziali (contro Lukashenko, Ndr). Il regime di Lukashenko ha messo nel mirino tutto lo staff di Sannikov (il leader bielorusso, definito “prigioniero politico” da Amnesty International è stato condannato a 5 anni di carcere per aver organizzato manifestazioni post-elettorali di protesta, Ndr).
In realtà, non ero davvero spaventata dalla prigione. Altre cose mi sembravano peggio: era chiaro che i funzionari non mi avrebbero più permesso di lavorare in Bielorussia. Ciò erà già evidente nel marzo 2010, dopo le perquisizioni nei nostri uffici e l’incriminazione. Seguita da una seconda, poi da una terza, infine da una quarta. Quest’ultima per quanto è accaduto il 19 dicembre 2010 (le manifestazioni contro i brogli elettorali, Ndr).
Un colonnello del Kgb mi ha minacciato di spedirmi in carcere per cinque anni solo per aver pubblicato l’invito dei candidati alle presidenziali di andare in piazza Indipendenza (a MInsk) per protestare pacificamente contro la falsificazione dei risultati elettorali. Io mi sono rifiutata di cooperare con il cosiddetto “organo inquirente” (ossia di spiare i miei colleghi e scrivere petizioni pro Lukashenko) è stata un’altra circostanza aggravante. Come mi hanno detto, sono stato “congelata”.
Dopo il mio rilascio dalla prigione, divenne chiaro che le autorità non mi avrebbero lasciata in pace, pur in esilio a Kobrin (la sua città natale, Ndr). Dopo ogni articolo critico pubblicato da charter97, una macchina della polizia veniva a casa dei miei genitori e mi portava al locale ufficio del Kgb, dove ero minacciata di essere risbattuta in prigione.
Quindi, quando un investigatore mi ha chiamato per ordinarmi di andare a Minsk per un interrogatorio, ho visto la mia occasione di lasciare Kobrin. Ho informato la polizia del posto che stavo andando nella capitale per un interrogatorio e ho preso il treno Brest-Minsk. La mattina presto, intorno alla una di notte, sono scesa alla stazione di Luninets, dove il treno fa una lunga sosta per permettere ai passeggeri di recarsi in un negozio di alimentari. Alla stazione sono stata accolta da amici, e sono andata con loro a Mosca in auto. Il 1° aprile ero già oltre il territorio della Bielorussia e ho potuto complimentarmi col Kgb bielorusso per il pesce d’aprile alla loro professionalità.
Non potevo girare in pubblico in Russia. Le autorità bielorusse avrebbero richiesto la mia estradizione immediata. Oltre a ciò, va considerato che i nostri servizi segreti operano di nascosto in Russia. L’assenza di confini formali tra i nostri due paesi permette loro di rapire persone dalle strade di Mosca, e annunciare ai giornali che sono stati arrestati in Bielorussia. I difensori dei diritti umani sostengono che è quanto è successo con l’anarchico Igor Olinevich Igor, poi condannato a otto anni di carcere.
A Mosca, il mio problema principale era ottenere i documenti, in quanto senza non avrei potuto legalmente lasciare il territorio russo.
Ho chiesto aiuto all’Ufficio russo del Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati. Ho completato tutte le procedure formali, e dato che il mio caso era ben documentato, il mio trasferimento in un paese terzo è stato subito preso in considerazione. Questi sono stati i mesi più difficili della mia vita, ma non posso lamentarni. Di solito, la procedura di asilo richiede fino a due anni.
Solo un piccolo numero di attivisti dei diritti umani e politici sapevano che ero in Russia, e mi hanno dato tutto il sostegno possibile. La persona che mi ha aiutato più di Mosca, Gannushkina Svetlana Aleskeevna, è un membro del Consiglio per i diritti umani della Presidenza della Federazione Russa, membro fondatore dell’ong Memorial e portavoce di “Assistenza civica”. Questa organizzazione è estremamente efficace nel salvare le persone. L’ho visto di persona. Un gran numero di rifugiati provenienti da Afghanistan, Tagikistan, Uzbekistan e altri paesi vanno in quell’ufficio. Anche se i profughi sono molto più numerosi di quanto le organizzazioni umanitarie possano gestire, ognuno di loro viene aiutato.
Sono molto grata ai lettori di Charter97, che ci sono rimasti vicini durante questo difficile periodo. I vostri commenti mi hanno sostenuto molto durante l’isolamento. Per mesi ho vissuto a casa del mio amico di Mosca, dove ho continuato il mio lavoro come responsabile del sito web Charter97.org e ho cercato di non apparire in luoghi pubblici.
Una volta che mi è stato riconosciuto lo status di rifugiato dalle Nazioni Unite, la prima nazione che mi ha offerto tutela internazionale è stata l’Olanda. Il 28 luglio, dopo che ho ottenuto il mio documento di viaggio, ho volato da Mosca a Amsterdam. Sono molto grata ai Paesi Bassi per la mia salvezza, ma tre giorni dopo mi sono trasferita in Lituania. Dopo le elezioni presidenziali in Bielorussia infatti, il sito Charter97.org è stato registrato in questo paese: è qui che la mia squadra ha ora basa e da qui posso dirigerlo. Il 4 agosto, ho chiesto asilo politico in Lituania.
Durante tutti questi mesi, ho sperimentato la durezza della vita di rifugiato. E posso dire in prima persona: non vi è nulla da invidiare. Non avrei mai lasciato la Bielorussia, se, come Vysotsky cantava, non mi avessero “circondata da ogni parte”. Ho reagito come ho ritenuto opportuno. Non ho intenzione di giocare secondo le regole definite dal Kgb bielorusso. Sono sicura che tornerò a casa presto, e il nuovo governo democratico del paese mi riconsegnerà il mio passaporto bielorusso.

@fnsisocial

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