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Componenti Fnsi 17 Ott 2010

"Autonomia e Solidarietà" propone la conferma di Franco Siddi e Roberto Natale al vertice della Fnsi: "La libertà di informazione è a rischio oggi più che mai. Occorrono una grande mobilitazione e un intervento legislativo che

Mai come oggi la libertà di informazione in Italia è stata a rischio. Conflitti di interesse, concentrazioni pubblicitarie, ricatti e dossier, strage di piccole testate, precarizzazione di giornalisti, declino qualitativo della Rai, inerzia del governo. Tutto questo accade con l'aggravante che, a partire da gennaio, sarà consentito alle concentrazioni televisive la scalata azionaria di testate di carta stampata. Secondo "Autonomia e Solidarietà", la componente sindacale riunita a Fiuggi per la sua diciannovesima assemblea nazionale, occorrono una grande mobilitazione dell'opinione pubblica e un intervento legislativo urgente che restituisca al paese un accettabile livello di civiltà informativa

Mai come oggi la libertà di informazione in Italia è stata a rischio. Conflitti di interesse, concentrazioni pubblicitarie, ricatti e dossier, strage di piccole testate, precarizzazione di giornalisti, declino qualitativo della Rai, inerzia del governo. Tutto questo accade con l'aggravante che, a partire da gennaio, sarà consentito alle concentrazioni televisive la scalata azionaria di testate di carta stampata. Secondo "Autonomia e Solidarietà", la componente sindacale riunita a Fiuggi per la sua diciannovesima assemblea nazionale, occorrono una grande mobilitazione dell'opinione pubblica e un intervento legislativo urgente che restituisca al paese un accettabile livello di civiltà informativa

La Fnsi (il sindacato dei giornalisti) ha finora fatto la sua parte, dalla vittoriosa battaglia contro la legge sulle intercettazioni allo stretto rapporto con tanta parte della società civile costruito attraverso la manifestazione di Piazza del Popolo. Un percorso da proseguire con coerenza. Occorre un sindacato che dia battaglia con un grande progetto di liberazione dell'informazione, ma che sappia anche essere la casa di tutti i giornalismi, a partire dai settori più deboli di chi fa informazione sotto il ricatto della precarietà, un sindacato capace di plasmare la sua struttura organizzativa su queste nuove necessità. Una conferenza di organizzazione dopo il congresso potrà utilmente definire gli interventi concreti. Un buon lavoro già avviato, anche grazie ad una maggioranzafederale ampia e coesa. Un lavoro da proseguire nell'imminente congresso della Fnsi. Autonomia e Solidarietà propone la riconferma dei vertici del sindacato, nelle persone di Franco Siddi segretario generale e di Roberto Natale presidente. La componente conferma la propria organizzazione interna fondata su un portavoce (Maurizio Blasi) e un coordinamento organizzativo (Guido Besana, Ezio Cerasi, Marco Gardenghi, Rossella Matarrese, Stefano Tallia).

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AUTONOMIA E SOLIDARIETA' FIUGGI 15-17 OTTOBRE 2010

 1. Stiamo assistendo alla crescita imponente di una crisi della qualità dei prodotti informativi. Si rischia l'assuefazione al "giornalismo dei pessimi" che ormai ha scelto un nuova scala dei valori con in cima il "trattamento Boffo", cioè l'uso strumentale di una comunicazione che confina con il dossieraggio per colpire gli avversari politici.Non siamo più davanti alla "informazione schierata" di un tempo, discutibile ma legittima, bensì di fronte ad un grumo di poteri che mette insieme ricatti, dossier e giornali trasformati in armi per campagne di opinione che colpiscono i nemici politici. La vicenda delle presunte minacce da parte di direttori di giornaliverso Emma Marcegaglia ne sono l'ultima conferma. Al di là degli esiti giudiziari, la stessa presidente di Confindustria ne ha dato sostanziale conferma. E' un fatto senza precedenti nella storia italiana, che chiama in causa molto di più della deontologia: interpella le fondamenta stessa della convivenza civile in una società fondata sulla informazione. Più in generale il lavoro dei cronisti è oggetto di pressioni continue e crescenti, e nei casi più estremi il giornalismo di inchiesta arriva a costituire un pericolo anche fisico per chi lo pratica. Da questo punto di vista appare particolarmente meritorio il lavoro svolto dall'osservatorio "Ossigeno" e dal suo animatore Alberto Spampinato. Il suo ultimo rapporto, presentato a Napoli nello scorso Settembre, documenta analiticamente con cifre impressionanti l'aumento continuo delle minacce malavitose ai giornalisti italiani.L' associazione ha bisogno del massimo sostegno da parte della Fnsi e delleassociazioni regionali di stampa.

2. Una crisi di qualità delle dimensioni appena descritte si aggiunge alla già avviata crisi strutturale della editoria italiana, dove una imprenditoria inadeguata ha saputo progettare solo la mera riduzione dei costi di produzione, trattando le testate giornalistiche con logiche da fabbrica. Alla Fieg è mancata la convinzione che l'uscita dalla crisi possa passare attraverso l'innovazione dei prodotti e dei formati, la politica delle idee, la formazione e l'aggiornamento professionale dei giornalisti, che devono essere pensati come degli "operatori culturali" prima che come percettori di stipendi (peraltro nell'insieme calanti e sempre più precari). Alla politichetta del gretto risparmio privo di progettualità, gran parte degli editori italiani ha sacrificato la qualità del prodotto, la credibilità dei giornali, e di conseguenza il peso specifico che gli stessi editori avrebbero potuto avere all'interno del quadro politico-economico del paese. Il tutto senza risolvere gran chè: i settori tradizionali dell’editoria hannoperso senza rimpiazzarle circa 250 unità giornalistiche nel 2009, sopratutto per pensionamenti di anzianità e vecchiaia e in piccola parte prepensionamenti.

3. Di fronte a questo, il governo è stato inerte (se non complice), incapace di ipotizzare un pacchetto organico e concertato di interventi capaci di spingerel'editoria verso politiche di formazione, innovazione, multimedialità. Si pensi per le agenzie di stampa al passaggio dalle convenzioni pluriennali a quelle annuali: cos'è questo se non un goffo tentativo di tenerle al guinzaglio ?Si pensi allo stupefacente ritardo nella firma del decreto ministeriale per le tariffe postali agevolate: che significa se non un segnale politico del neo-ministro Romani rivolto a tutta l'editoria ? A maggior ragione quindi A & S intende manterere alto il proprio impegno per ottenere un intervento di livello costituzionale che offra all'Italia una accettabile cornice di garanzie in campo informativo. Come esiste uno Statuto dei Lavoratori, deve nascere uno "Statuto dell'impresa editoriale". La Fieg invece è stata succube di una cultura delle relazioni sindacali tutta confindustriale, volta a scardinare il principio della contrattazione collettiva nazionale per sostituirla con relazioni ed accordi sempre più parcellizzati, dove il comodo principio delle "deroghe" prevale sempre più di fronte alla certezza delle "regole". Gli editori si sono cullati nella illusione di ripetere nel campo informativo il "modello Pomigliano" magari con il corollario di un sindacato diviso se non spaccato. Nessuno dimentica il tentativo -per ora archiviato- firmato personalmente dal segretario CISL Bonanni di divaricare la FNSI e porre tutti i presupposti per una profonda spaccatura. Se questo tentativo è stato respinto, lo si deve sia alla intelligenza politica di tanti quadri intermedi del sindacato Cisl, sia salda unità che la maggioranza della Fnsi ha saputo mantenere.

4. La miopia Fieg appare ancor più evidente di fronte al perpetuarsi di una molteplicità di "conflitti di interesse" che ormai marchia una parte non secondaria della editoria italiana. C'è quello relativo alla posizione di Berlusconi; buoni ultimi, se ne sono resi conto perfino Mentana in campo giornalistico e Fini in campo politico. Evidentemente quando Autonomia lo denunciava (per prima e col massimovigore), non eravamo abbacinati da un pregiudizio di fazione. E' un problema moltiplicato dall'ultima scelta del governo, che inserisce nella posizione-chiave di ministro dello sviluppo economico quel Paolo Romani che tanto ha già dato alla tutela degli interessi industriali del premier, nel campo della assegnazione delle frequenze digitali o della guerriglia contro Sky, e dal quale dipenderà la firma del nuovo contratto di servizio tra lo stato e la Rai. Ma proprio perchè il tema del conflitto di interessi sembra avere raggiunto la sua forma più estrema e più distillata, è essenziale ricordare che questa espressione deve essere sempre declinata al plurale ed indicata come un problema di civiltà di dimensioni Costituzionali. Siamo in un’Italia in cui John Elkann è entrato nel CdA di Rcs Mediagroup: è lecito chiedersi se questa presenza può influenzare la linea del Corriere della Sera sulle vicende della Fiat ?Porre il tema dei conflitti di interesse che investono gli imprenditori dell’edilizia, della finanza, dell’auto, del petrolio, dell’energia, della sanità privata è irrinunciabile. Questo chiarimento è importante anche nei confronti dei colleghi che lavorano all'interno del "mondo Mediaset", colleghi che ovviamente non possono essere in alcun modo appiattiti sul loro editore, e che anzi hanno saputo offrire in diverse occasioni ampia prova di sensibilità sindacale.

5. L' impegno della Fnsi su questi terreni dunque va proseguito con vigore, specie in un contesto politico come quello italiano dove ci si avvia con alta probabilità ad elezioni anticipate in un quadro di "certezze del diritto" in campo informativo sempre più labili.Ricordiamo ancora una volta (lo facciamo sempre, equasi da soli !) che in virtù della legge Gasparri (art. 15 comma 6) dal prossimo 1 Gennaio i grandi gruppitelevisivi potranno entrare in campo nelle scalate azionarie ai giornali quotidiani o fondarne di nuovi (registriamo su questo punto solo la proposta di legge dello scorso Aprile firmata Rao-Giulietti-Gentiloni). In attesa di interventi legislativi più profondi nel campo dell'editoria, serve una iniziativa legislativa immediata e d'urgenza, che corregga storture che non hanno eguali in alcun paese al mondo e che detti norme elementari di "convivenza informativa" nell'Italia che si avvia alle elezioni. Sottolineiamo questo aspetto non perchè immaginiamo un sindacato politicista e schierato, ma perchè l'obbiettività dell'informazione è un valore che tocca anche la sensibilità di parte sindacale, un valore da tutelare sempre a beneficio di tutti gli operatori dell'informazione e a prescindere dal colore dello schieramento di governo.

6. Scelte a questo livello sono molto importanti per la Rai, sia per il suo ruolo di Servizio Pubblico, sia per il crescente degrado aziendale e culturale in cui si è trovata in coincidenza con la direzione generale di Mauro Masi. Una direzione che ha trovato la sua cifla di lettura più chiara in una serie di provvedimenti stupidamente autoritari (ultimo in ordine di tempo quello contro Santoro). Se da un lato serve una iniziativa legislativa immediata e d'urgenza per ricondurre la Rai sul terreno di una maggiore civiltà informativa, dall'altro è essenziale non mollare la presa su una legge di riordino della governance, in direzione di una autonomia da conquistare rispetto ad ogni ingerenza della politica. Serve una nuova immagine del servizio pubblico, a partire dalla trasparenza degli accessi (quei pochi che ancora potranno garantire le casse, disseccate dalla asfissia dovuta alla legge Gasparri e dal malgoverno degli ultimi anni). Bene ha fatto l'Usigrai ad imporre una selezione, bene ha fatto a costruire meccanismi che ne assicurino la rapidità di applicazione, bene fa a puntare su una politica del personale che garantisca il ringiovanimento delle redazioni. Non si va avanti con testate dove l'età media supera i 50 anni. Questo è un grande problema di politica sindacale che non può essere lasciato senza risposta. Peraltro l'ultima selezione (costruita due anni fa con criteri più severi di quelli attuali) ha dato eccellenti risultati e non è stata nemmeno sfiorata dall'ombra del sospetto di gabole e trucchi. Oltre duecento concorrenti e nessun ricorso. L'accesso in Rai esclusivamente tramite selezione è la strada giusta. La Fnsi dovrebbe rivendicarlo con orgoglio.L'alternativa è un ritorno al vecchio sistema di chiamate dirette che (applicate al contesto attuale) sarebbero peggio della vecchia lottizzazione di un temp si ridurrebbe ad un ufficetto di collocamento clientelare, meccanismo senza controllo pronto a scivolare ancora più in basso.

7. A fronte dell'impegno sui grandi temi della libertà di informazione la FNSI non ha fatto mancare l'attenzione alla tutela diretta del lavoro giornalistico. La positiva chiusura della trattativa contrattuale con la FIEG nel 2009 -dopo la lunga vertenza- ha confermato un quadro normativo di riferimento nazionale che non poteva essere dato per scontato, e che buona parte della Fiegnon gradiva. Le perplessità su alcuni aspetti del contratto che anche al nostro interno sono state avanzate erano e restano non solo legittime, ma anche pienamente comprensibili, ma alla luce di un giudizio pacato a distanza di tempo, vanno iscritte in un quadro che comunque ha permesso di mantenere certezze, riferimenti e garanzie. Certo l'impianto della contrattualistica dei giornalisti dovrà essere oggetto di ripensament serve un modello che riaggreghisulla base delle specificità professionali. Se vogliamo essere il sindacato dei "giornalismi", dobbiamo prendere atto che il mestiere ha subito radicali trasformazioni che richiedono risposte contrattuali diversificate. Si può pensare a un contratto nazionale che fa da quadro generale, ad una contrattualistica integrativa di comparto, e ad eventuali accordi aziendali legati alle specificità produttive. Già ne fece cenno giustamente Franco Siddi chiudendo l'assemblea nazionale del CdR che approvava il contratto fieg-fnsi. Un impianto contrattuale del genere potrebbe essere di ausilio in molte situazioni di crisi: si pensi alla gravissima situazione de "La 7", dove nonostante l'aumento degli ascolti l'editore non rinuncia ai contratti di solidarietà ed al pressing aggressivo contro la rappresentanza sindacale. Rispetto a questa ipotesi di riordino contrattuale è coerente la positiva conclusione del contratto con l'associazione datoriale di emittenti private "Aeranti-Corallo", materia positivameente risolta anche grazie all'impegno profuso da Marco Gardenghi su un terreno di estrema difficoltà sia per la peculiarità della controparte, sia per l'obbiettiva fragilità della rappresentanza sindacale dei giornalisti. Va segnalato il permanere di una forte criticità nella vertenza dei giornalistidegli uffici-stampa pubblici, malgrado siano ormai 1258 i colleghi dipendenti pubblici iscritti all'Inpgi. Anche il quadro contrattuale complessivo ci conferma in un giudizio positivo sul lavoro svolto dalla FNSI e dai suoi vertici nel triennio successivo al congresso di Castellaneta. Un giudizio positivo che parte dalla capacità della federazione di tenere aperto sia il fronte del "sindacato di gestione" (quello che fa i contratti, offre tutele e servizi, segue le vertenze, gestisce gli stati di crisi) sia il "sindacato di progetto" (quello che -in autonomia- non teme di proiettarsi nel confronto con gli altri attori della Politica). La FNSI ha saputo porsi al centro del gioco e farsi punto di riferimento per tutto il Paese con la grande manifestazione del 3 Ottobre, o con la campagna vittoriosa contro la legge-bavaglio. Anche per questo pensiamo che per quanto riguarda gli assetti dei vertici federali che usciranno dal congresso di Bergamo potremo declinare con serenità il verbo "confermare".

8.
Ma il tema del "sindacato di gestione" non deve essere da noi sottovalutato, a partire dalla tutela del "welfare giornalistico". A breve l'inpgi comincerà a porre il problema del bilancio attuariale, che potrebbe richiedere una nuova riforma. Dobbiamo evitare i tagli alle prestazioni, dopo che le pensioni future sono già state limate a sufficienza con l'introduzione del calcolo su tutta la vita lavorativa da parte dell'ultima riforma e in conseguenza del raffreddamento degli automatismi salariali,anzitutto con un aumento graduale dei contributi a carico delle aziende senza deprimere la politica retributiva, magari in parallelo a qualche operazione nuova che incentivi il riassorbimento di disoccupati attraverso idonee incentivazioni sul fronte dei contributi. Il tutto in un quadro di difesa dell'autonomia dell'Istituto, respingendo innanzitutto il Decreto Tremonti che mira al controllo del patrimonio immobiliare degli enti privatizzati. Se questo non basterà, servirà solidarietà intergenerazionale, senza escludere nemmeno la limatura delle aliquote di rivalutazione per le pensioni più alte. Comunque sarà necessaria una razionalizzazione dei costi di gestione e -ovunque possibile- una serie di economie di scala tra gli enti di categoria. A fianco di tutto questo sarà bene pensare ad interventi a favore del lavoro autonomo, ad esempio unasorta di indennità di disoccupazione per i co.co.co, in analogia con quanto previsto dalla normativa generale, e un miglioramento di prestazioni accessorie come maternità e ricovero, un impegno per la possibilità di restituzione del capitale in alternativa alla rendita e ratei più lunghi per chi si regolarizza dopo anni di evasione. Entro la primavera la Casagit avvierà una riforma della cosiddetta Casagit 2. Anche su questo dovremmo dire la nostra, ad esempio sostenendo un allargamento della possibilità di iscrizione. Dovremmo poi sottolineare un impegno programmatico per l'estensione al lavoro autonomo del fondo di pensione complementare, compatibilmente con le norme di legge vigenti in materia di previdenza complementare.

9. La difesa del welfare di categoria, sulla quale abbiamo dato qualche cenno, è una delle maniere migliori di sottrarre il lavoro giornalistico alle secche ed alle ansie del precariato. Tempi determinati e free-lance spesso svolgono un lavoro sovrapponibile con quello di giornalisti assunti a tempo indeterminato, ma sono costretti a procedere sotto costante minaccia o ricatto. Sono un mondo di nuovi giornalismi splendidamente indagato da un gruppo come LSDI, animato da Pino Rea, che cerca di far confluire in un unico spazio varie esperienze di riflessione, analisi e dibattito sui temi dell’informazione per costituire un "laboratorio di senso" della professione giornalistica nel mondo contemporaneo e cercare di dare corpo all’utopia del buon giornalismo con la consapevolezza che lo sviluppo delle nuove modalità del fare informazione – quelli che possiamo chiamare, appunto, i giornalismi possibili – va molto al di là del solo aspetto professionale o industriale.

10.Sia per via contrattuale che per via legislativa occorre correggere progressivamente una stortura concettuale: chi svolge il lavoro giornalistico non dovrebbe "per definizione" sentirsi precari una condizione che rende pressochè impossibile quella funzione di "potere di bilanciamento" che tutta la civiltà giuridica occidentale ha sempre assegnato all'informazione. Per questo lo status di "precario" nuoce agli utenti oltre che ai giornalisti.Si pensi che secondo dati Inpgi, il reddito medio denunciato da un Cococo è di 5.000 euro lordi all’anno. E’ di 9.000 quello riferibile ai giornalisti freelance a partita Iva. Un giornalista su tre che lavora con contratto di natura subordinata percepisce meno di 30.000 euro annui. E la tendenza è verso il basso per gli stipendi medi reali, mentre si allarga la forbice con quelli alti. Quale "potere di bilanciamento" si può esercitare avendo alle spalle situazioni come queste appena descritte ? L'attenzione del sindacato verso questo "mondo degli ultimi" deve essere ancor più alta di quanto non sia accaduto in passato, anche entrando di più nel merito delle leggi che allargano la "elasticità" della forza-lavoro .

11. Il buon lavoro svolto è frutto anche della ricerca di massima unità all'interno della Fnsi: una ricerca da noi fortemente voluta, partita dal congresso del 2007 e poi concretizzata con l'allargamento della maggioranza. E' un percorso che vogliamo proseguire con coerenza, prestando grande attenzione anche agli aspetti di riordino organizzativo del sindacato e ad una attenta politica delle risorse, che individuiamo con queste priorità: - operare anzitutto sul versante del contenimento delle spese sia a livello federale che nelle associazioni regionali; opportuni interventi vanno assunti con rapidità, in direzione del contenimento dei costi e del sostegno ad una partecipazione vera. Ci riferiamo sia ad interventi sullo statuto federale che ad operazioni di coordinamento ed armonizzazione degli statuti regionali. - effettuare una analisi comparata dei bilanci (sia federali che regionali), per verificare se esistono aree del sindacato con le quali concertare operazioni di "federalismo solidale". - rivedere con Inpgi e Fieg il contributo per la formazione (0,30 per cento). In questo quadro è utile un rilancio della convenzione FNSI-Formedia, centro di formazione certificato organizzato dalla associazione di stampa della Basilicata. - costruire un fondo di solidarietà volontario a sostegno delle politiche sindacali verso tutte le aree del precariato. I contributi arrivati su questi terreni da altre componenti federali sono utilissimi e meritano un approfondimento vero, sia attraverso un seminario interno sullaorganizzazione federale e sui servizi offerti ai colleghi, sia (subito dopo il congresso) con una vera e propria conferenza di organizzazione della Fnsi.

12. Qualità organizzative che potranno migliorare anche grazie ad un rapporto più collaborativo tra l'ordine dei giornalisti e la Fnsi. Occorre correggere le asprezze affiorate fino a qualche tempo fa (non certo per responsabilità della federazione). Le recenti elezioni per il rinnovo dei vertici dell' Ordine dei Giornalisti ci vedevano sconfitti nel pronostico, sia a causa di una legge ordinistica che sovrappesachi non esercita la professione in modo prevalente, sia per una campagna elettorale dei nostri avversari particolarmente determinata e in qualche caso aggressiva. I risultati invece sono stati largamente migliori dei pronostici, sia per l'eccellente lavoro sempre svolto dai nostri colleghi "uscenti" (consentite un ringraziamento particolare a Francesco de Vito per l'intelligenza e la tenacia con cui per anni ha svolto il suo mandato di consigliere nazionale), sia per la chiarezza di programma, sia per il prestigio del nostro candidato Giorgio Balzoni. Ottimi in particolare alcuni risultati regionali. Questo però non ci impedisce di notare come in alcune situazioni ( il Lazio) abbiamo assistito a sorprendenti spostamenti di voti tra i due turni, che in modo che appare preordinato hanno colpito qualche nostro collega. Sono "alleanze personali a geometria variabile" poi proseguite anche al momento dell'elezione del presidente; operazioni che l'attuale legge consente, ma che restano fenomeni di trasformismo deteriore. Chi le ha praticate non ha nulla a che vedere col nostro modo di pensare e di fare. Nonostante tutto questo, molti colleghi – tra cui diversi che fanno riferimento alla nostra area- si sono riuniti sotto la sigla "Liberiamo l'informazione"per poter meglio svolgere una opposizione severa ma mai pregiudiziale. Un cambio di nome che significa anche una più spiccata autonomia tra la nostra componente sindacale e le giornaliste ed i giornalisti eletti nell'Ordine che ad A & S guardano con attenzione. Una scelta che ha raccolto nei primi tre consigli nazionali consensi crescenti, permettendoci di intercettare lo sgretolamento della maggioranza e facendoci raggiungere obiettivi importanti, come la battaglia sulla questione delleintercettazioni o l'impegno sul fronte disciplinare (essenziale in anni di falsi scoop, dossier, "giornalisti-agenti-segreti", gogne mediatiche). Una battaglia su cui l'Ordinedei Giornalisti di Milano ha sempre dato l'esempio per rapidità degli interventi e per coerenza delle decisioni. Un esempio che contribuisce a difendere l'immagine complessiva dei giornalisti italiani. Nell'ordine nazionale sembra crescere ogni giorno una"minoranza egemone", che -forte della scelta di una spiccatissima autonomia- lascia già intravedere per il futuro una nuova classe dirigente ordinistica. Anche guardando al futuro quindi, occorre un impegno aricostruire una sintonia di prospettivafra Ordine e altri organismi di categoria, a cominciare dalla FNSI.-Ovviamente primo obiettivo di questa consiliatura resta l'approvazione della legge di riforma. Un disegno di legge bipartizan giace in Parlamento da tempo, ma nell'ultima fase non ha fatto passi avanti. Su questo terrenodobbiamo continuare a fare da traino.

13. Il quadro sindacale nel quale ci muoveremo nella prossima fase è dunque radicalmente nuovo. Sia lo spazio autonomo della Fnsi, sia una più alta qualità del servizio offerto ai colleghi non possono essere difesi senza una revisione delle geografia delle componenti, nate in altri anni e in contesti diversi. Già prima del congresso di Castellaneta,“Autonomia e Solidarietà” aveva voluto la più larga unità possibile nel sindacato. Anche per questo salutiamo con favore il fatto che non si parli più di un confuso e generico scioglimento delle componenti di maggioranza esistenti. Pensiamo invece di continuare a lavorare per la costruzione di una componente profondamente nuova, unitaria, ispirata a valori condivisi, capace di coniugare il sindacato di progetto e quello di gestione. Ci sono esperienze regionali – a partire da Roma- che si muovono in questa direzione: non vanno enfatizzate ma restano segnali positivi importanti. Sottolineiamo che ovunque saranno possibili esperienze unitarie A & S darà il massimo contributo. Su scala nazionale occorre proseguire in un "patto di consultazione" tra le forze che pensano alla costruzione di una componente radicalmente nuova. Un patto di consultazione che vuole anche rafforzare la coesione di tutta la maggioranza e che proponiamo a tutti i colleghi e a tutte le sensibilità sindacali interessate, con pari dignità, senza pregiudizi e senza steccati. Su un solo punto pensiamo di non poter transigere: tanto più la costruzione di una componente nuova ci interessa, quanto meno questa è gestita come trattativa tra establishment. Serve un progetto nuovo, carico di più ideali, più capace di trasmettere entusiasmi, più capace di dialogare con soggetti non giornalistici attorno ad esperienze ed obbiettivi condivisi. Il successo della mobilitazione contro la legge sulle intercettazioni ha dimostrato che i giornalisti sono più forti quando riescono a
costruire uno schieramento sociale ampio, capace di sostenere una vasta campagna d'opinione. Si tratta di consolidare questa esperienza e pensare ad iniziative che rendano stabile questa alleanza sociale (ad esempi un osservatorio sulla deontologia che ci veda insieme a magistrati, docenti universitari, consumatori) . Serve un soggetto nuovo capace tra l'altro di porsi davvero il problema del ricambio generazionale in una stagione di precariato diffuso che spinge chi entra nel mondo dei giornalismi verso la solitudine e il fai-da-te, non certo verso la passione solidale del fare sindacato.Di non smarrire il senso della solidarietà organizzata invece c'è bisogno: serve ai giornalisti e serve a tutto il paese: Autonomia e Solidarietà continuerà a dare una mano ad un sindacato che vorrà muoversi lungo questa strada.

@fnsisocial