«Lo scorso 8 febbraio, il ministero del Lavoro ha chiesto all'Inpgi informazioni circa l'avvenuta ottemperanza da parte dell'ente alla sentenza del Consiglio di Stato con la quale è stata riconosciuta fondata l'istanza di accesso agli atti da un giornalista iscritto all'ente. La semplice richiesta di informazioni è stata interpretata da alcuni come una tirata d'orecchi all'Inpgi. L'Istituto, infatti, ha sollecitamente fornito ampie rassicurazioni al ministero circa il corretto adempimento rispetto a quanto stabilito dalla predetta sentenza». È quanto si legge sul sito web della Cassa di previdenza. «La richiesta ministeriale di informazioni – spiega ancora l'Istituto – trae origine da un esposto presentato dalla neo presidente del Siai, Sindacato inquilini e assegnatari Inpgi, Maria Rosaria Gianni, la quale, in una dichiarazione riportata su alcuni siti web, ha reso noto di aver dato mandato ad un legale di attivarsi presso i ministeri dell'Economia e del Lavoro per ottenere la pubblicazione degli atti relativi alla dismissione del patrimonio immobiliare dell'Istituto. L'esposto prende a pretesto, ancora una volta, il dispositivo della citata sentenza, asserendo che questo trovi applicazione anche nei confronti del Siai nonché della giornalista Gianni».
«Diversamente da quanto sostenuto dalla Gianni – aggiungono da via Nizza – la sentenza richiamata è del tutto improduttiva di effetti giuridici nei riguardi di ogni altro soggetto diverso da chi ha promosso il giudizio. In applicazione del noto principio in base al quale ogni sentenza fa stato tra le parti, infatti, l'Istituto ha provveduto, sin dal giorno successivo alla pubblicazione del provvedimento giudiziale, a mettere a disposizione la documentazione oggetto della richiesta di accesso agli atti in favore dell'unico soggetto che, come stabilito dal Collegio giudicante, è titolato a prenderne visione e ad estrarne copia. Premesso, quindi, che il Sindacato Inquilini e Assegnatari Inpgi non è mai stato parte nella causa promossa dal giornalista che aveva presentato l'istanza di accesso nei confronti dell'Inpgi, la signora Maria Rosaria Gianni risulta essersi costituita, a titolo personale, unitamente ad altri 3 giornalisti, nel predetto procedimento innanzi al Consiglio di Stato, il quale, nella sentenza che ha definito la causa, ha estromesso dal giudizio le parti diverse dal ricorrente».
Il Collegio giudicante, ricorda l'Istituto, ha osservato che costoro non potevano "vantare alcun interesse nel presente giudizio, che concerne l'istanza di accesso documentale proposta dal solo Pierangelo Maurizio e non già dai medesimi. La circostanza, rappresentata nell'atto dell'intervento, che essi, in qualità di giornalisti italiani associati e iscritti all'Istituto odierno appellante, vantino un interesse concreto e attuale alla prudente amministrazione al patrimonio dell'ente, ivi compreso quello immobiliare, dal quale dipende il soddisfacimento delle posizioni attive che li collegano allo status di iscritti all'Istituto, non può certo fondare il loro interessa all'intervento, che è e resta di mero fatto rispetto alle sorti dell'accesso documentale richiesto da altro soggetto. Il giudizio sull'accesso documentale, diversamente, si trasformerebbe in un giudizio di stampo popolare, a tutela di un generale e astratto interesse alla trasparenza degli atti, ove ciascun soggetto, anche senza aver proposto in proprio istanza di accesso, potrebbe intervenire nel giudizio da altri incardinato per far valere le ragioni dell'accedente, senza ritrarre alcuna utilità, in quanto la conoscenza degli atti riconosciuta all'eccedente non potrebbe in alcun modo giovare agli interventori ad adiuvandum".
Pertanto, rileva l'Inpgi, «sorprende non poco la posizione assunta al riguardo dalla neo presidente del Siai. A maggior ragione, tenuto conto che lo stesso sindacato, nel mese di settembre 2020, aveva presentato una richiesta di accesso ad una serie di atti, parzialmente accolta dall'Istituto, con l'invito a presentarsi presso gli uffici per prendere visione della relativa parte di documentazione. Potrà destare un certo sconcerto, nelle file del Siai, apprendere che, ad oggi, a distanza di oltre 5 mesi, tale invito è rimasto disatteso, non essendosi il predetto sindacato minimamente attivato per fissare una data nella quale procedere all'ostensione degli atti. A riprova di quanto reale interesse alla "trasparenza" venga riservato da tale organismo. Ed è, forse, proprio per un "calo di concentrazione" che lo stesso sindacato non abbia avuto modo di rilevare che una parte della documentazione in riferimento alla quale invoca il principio della "trasparenza", è già da tempo regolarmente pubblicata nell'apposita sezione del sito web istituzionale dell'Inpgi».
Ciò che emerge, conclude l'Istituto, «è quindi la scarsa attenzione nel consultare i documenti pubblicati on line dall'ente e lo stravolgimento della portata e degli effetti di una chiara e inequivocabile pronuncia giudiziale».