CERCA
Cerca nelle notizie
Dal
Al
Cerca nel sito
Fnsi 07 Mar 2005

8 marzo giornata per Giuliana, Florence e Hussein Appuntamento alle 11 sede della Fnsi con le "Inviate di pace"

8 marzo giornata per Giuliana, Florence e Hussein Appuntamento alle 11 sede della Fnsi con le "Inviate di pace"

8 marzo
giornata per Giuliana,
Florence e Hussein
Appuntamento alle 11
sede della Fnsi
con le "Inviate di pace"

“Inviate di pace”: 8 marzo giornata per Giuliana, Florence e Hussein La Federazione nazionale della Stampa e la sua Cpo confermano l’incontro di domani, martedì 8 marzo – dalle ore 11 alle 14.30 in corso Vittorio 349 -, per parlare con e delle “inviate di pace”. Giuliana Sgrena infatti è stata liberata, ma al prezzo di un’altra vita, mentre Florence Aubenas è ancora nella mani dei sequestratori e intanto le giornaliste irachene vengono assassinate una dopo l’altra. Il tema dell’informazione esercitata in modi e condizioni particolari, ossia tra interpretazione di genere e limitazioni belliche, resta attuale. Anzi i fatti recenti e le polemiche che ne sono seguite ne esaltano importanza e drammaticità. Quando la Cpo/Fnsi aveva organizzato l’appuntamento si riteneva che sarebbe stata una giornata o per Giuliana, per chiederne la liberazione, o con Giuliana, assieme a lei finalmente liberata. Invece la realtà è sempre più complessa ed ha messo in scena una terza ed imprevista ipotesi: l’inviata del Manifesto è tornata sì, ma ferita e bagnata del sangue del suo liberatore. Domani, 8 marzo, in Fnsi ci saranno le foto scattate da Giuliana Sgrena in Iraq, a far da cornice al dibattito tra suoi colleghe e colleghi, italiani e stranieri, ma anche parlamentari, amministratrici ed intellettuali. Lei no, per ora resta in ospedale, con una ferita più grave di quanto non sembrasse inizialmente, ma promettendo che una delle sue prime uscite avverrà proprio qui, nella sede del suo sindacato. Roma, 8 marzo 2005, ore 11/14.30, corso Vittorio Emanuele 349, secondo piano. L’incontro è aperto a tutti. Assassinate o imbavagliate: i duri prezzi della libertà L’ultima a morire il 3 marzo è stata Walhan Al Ibadi, giovane redattrice della radio di Mossul e collaboratrice di diversi giornali cittadini, freddata da uomini armati all’uscita di casa mentre si recava al lavoro. Da poco, il 25 febbraio, era stato fatto trovare il cadavere di Raeda Wazzan, giornalista dell’emittente tv Al-Iraqiya, rapita sempre a Mossul cinque giorni prima da uomini mascherati insieme alla figlia di dieci anni, poi rilasciata. In Iraq, dal marzo del 2003 ad oggi, sono stati uccisi 49 tra giornalisti e collaboratori dei media, 31 nel solo 2004; tra loro una collega di Raeda, Liqaa Abdul-Razzak, colpita il 27 ottobre nelle strade di Bagdad, mentre era a bordo di un taxi; così come un’altra giornalista televisiva, Dina Mohammed Hassan, di Al Hurriya Tv, falciata da una raffica di mitra la mattina del 14 ottobre mentre usciva di casa, ancora a Bagdad. E Nadia Nasrat, uccisa con la sua troupe di Diyala tv a Baqouba, il 14 marzo di un anno fa. Ma se l’Iraq è lo scenario di guerra che più abbiamo sotto gli occhi, tra i colleghi che perdono la vita, o vengono perseguitati a vario titolo, dal carcere alle minacce all’impossibilità di svolgere il proprio lavoro, in tutto il mondo, pesante è anche il tributo delle donne giornaliste . In questo 2005 sono già sette i giornalisti uccisi, e tra loro c’è la britannica Kate Peyton, inviata della Bbc a Mogadiscio, in Somalia: colpita alla nuca da un colpo d’arma da fuoco il 9 febbraio scorso, mentre preparava un reportage sulla transizione del paese verso un governo regolare. A novembre a Juigalpa, in Nicaragua, Maria Josè Bravo, corrispondente dei quotidiani La Prensa e Hoy, è ferita mortalmente mentre documenta gli scontri tra gruppi politici durante lo spoglio per le elezioni municipali. E solo due mesi prima Zahra Kazemi, fotografa e giornalista canadese-iraniana, muore a Teheran per frattura del cranio: sono le conseguenze delle percosse subite in carcere. Se anche non si perde la vita, si può rischiare la libertà. In Iran sono state arrestate in novembre due giornaliste attive su siti internet che parlano dei diritti delle donne, Mahbodeh Abbassghalizadeh e Fereshteh Ghazi ; nelle scorse settimane a Istanbul è stata arrestata la collega austriaca Sandra Bakutz mentre si accingeva a seguire un processo contro oppositori politici; e in Croazia, la giornalista della tv di stato Ljubica Letinic è stata condannata ad una pena detentiva di tre mesi per aver accusato di corruzione un esponente politico durante un talk show. Infine il prezzo della libertà di espressione lo conosce purtroppo molto bene Christine Anyanwu, nigeriana, insignita tra l’altro del Premio Mondiale della libertà di stampa. Condannata all’ergastolo nel 1995 per aver parlato di un tentativo di colpo di stato contro l’allora presidente Sani Abacha, è stata liberata solo tre anni dopo, alla morte di Abacha.

@fnsisocial

Articoli correlati