Torna ad aprirsi il dibattito sul tormentone della cosiddetta "informazione sponsorizzata", quella cioè realizzata grazie ad ospitalità, viaggi e altre spese a carico, anziché dei giornali, di soggetti che, volere o volare, hanno interesse a mettere il loro "zampino" per orientare ai propri fini il lavoro dei colleghi da loro"spesati". Lo afferma in una nota Amedeo Vergani, presidente Gsgiv dell'Associazione Lombarda dei giornalisti
"Il problema, delicatissimo, coinvolge - prosegue la nota - moltissimi settori del giornalismo. Ora è stato riportato al centro dell'attenzione dal "Codice di comportamento del giornalismo turistico/di viaggi", approvato nei giorni scorsi dall'Ordine dei giornalisti della Lombardia, che, tra l'altro, ammette la legittimità dei "reportage con sponsor" purché nel contesto di notizie e servizi pubblicati si renda poi sempre noto al lettore, con adeguati "ringraziamenti", chi ha pagato le spese e nel contempo si respingano però tutti i variegati e possibili condizionamenti con i quali gli "sponsorizzatori" cercano di fare il loro mestiere. Un dissenso senza mezzi termini a queste regole è arrivato oggi dal Codacons, una delle più note organizzazioni che rappresentano i consumatori italiani. Il "no" è secco, tanto che i rappresentanti dei consumatori hanno annunciato che chiederanno l'annullamento del "Codice" dell'Odg lombardo al Consiglio nazionale dell'Ordine. "L’Ordine dei giornalisti della Lombardia - afferma il Codacons in un comunicato - ha deliberato un Codice deontologico per i giornalisti turistici, legittimando di fatto la produzione sponsorizzata dell’informazione, purché, “chi ha reso possibile l’organizzazione del viaggio” sia “pubblicamente ringraziato nel contesto dell’articolo”. Il Codacons respinge il Codice, considerandolo controproducente e in netta contraddizione con le stesse norme della “Carta dei doveri” con la quale l’Ordine nazionale regola il lavoro dei giornalisti italiani. Così il Codacons, ritenendolo un pericoloso precedente, ha deciso di ricorrere al Consiglio Nazionale per chiederne l’annullamento". "Ricordiamo - prosegue il comunicato - che fu il Codacons con un esposto al Consiglio regionale dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia nel 2005 e poi al Consiglio nazionale nel 2006 a sollevare il problema della commistione tra pubblicità e informazione, denunciando in particolare come la gran parte dell’informazione turistica offerta ai lettori sia abitualmente prodotta a spese, anziché dell'editore o dei singoli giornalisti, dei soggetti economicamente interessati ad orientare i lettori verso quelle determinate mete turistiche (enti del turismo, tour operator, hotel, compagnie aeree …). Una commistione di interessi in contrasto con il diritto dei cittadini ad un’informazione senza inquinamenti e che non offre nessuna garanzia al lettore di terzietà, autonomia e indipendenza sia della testata giornalistica che dei giornalisti che vi operano.Un convincimento basato per prima cosa sulla stessa “Carta dei doveri del giornalista” che su questo tema è chiarissima: “Il giornalista rifiuta pagamenti, rimborsi-spese, elargizioni, vacanze gratuite, trasferte, inviti a viaggi, regali, facilitazioni o prebende, da privati o da enti pubblici, che possano condizionare il suo lavoro e l'attività redazionale o ledere la sua credibilità e dignità professionale. Nel Codice lombardo, invece, è sufficiente rendere pubblico chi ha reso possibile la realizzazione del viaggio per superare il divieto". "Si tratta di un pericoloso precedente - conclude il Codacons - che, peraltro, se venisse esteso ad altri settori, potrebbe portare giornalisti parlamentari ad essere ospiti tutto l’anno a Roma a spese di qualche membro del Governo o inviati che devono seguire un processo ad essere spesati dall’imputato". Il problema denunciato nuovamente dal Codacons, come abbiamo già detto, è delicatissimo e interessa molto direttamente i fotogiornalisti che, per la natura stessa del loro ruolo professionale, per realizzare il proprio lavoro molto spesso non possono fare a meno di viaggi e di tutte le altre spese necessarie a soggiornare e operare in aree lontane dalla propria residenza e con costi resi attualmente ancora più proibitivi dalla crisi economica quasi totale del settore. Per moltissimi colleghi fotoreporter di un'area sempre più vasta di generi di giornalismo è diventata perciò quasi una prassi l'andare loro stessi a sollecitare sponsorizzazioni, rimborsi spese e ospitalità da parte di soggetti che, bene o male, si attendono poi dal loro lavoro "ritorni" che difficilmente vanno a coincidere con il diritto del lettore ad un'informazione libera da condizionamenti. Un fenomeno che, è fuor di dubbio, pone più che legittimi interrogativi sulla sua correttezza in quanto a rispetto delle regole della deontologia professionale attualmente in vigore. Quesiti gravi ai quali servono perciò risposte urgentissime e chiare che non possono certo essere date, unilateralmente in ordine sparso e con il rischio di gravi contraddizioni, da "Codici" e "Carte" di singoli Ordini regionali, ma che devono invece essere formulate dall'organismo istituzionale centrale di autogoverno della categoria: il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti".