CERCA
Cerca nelle notizie
Dal
Al
Cerca nel sito
Vertenze 15 Feb 2015

Fotorporter e diritto d’autore. Vertenza giudiziaria "pilota" del collega Angelo Palma sulle foto storiche di scoop

Fotorporter: Vertenza giudiziaria "pilota" in corso davanti alla Corte d'Appello Civile di Roma da parte del giornalista Angelo Palma contro il Gruppo "L'Espresso - la Repubblica" in tema di diritto d'autore sulle riproduzioni di foto storiche e di "scoop" fotografici.

Fotorporter: Vertenza giudiziaria "pilota" in corso davanti alla Corte d'Appello Civile di Roma da parte del giornalista Angelo Palma contro il Gruppo "L'Espresso - la Repubblica" in tema di diritto d'autore sulle riproduzioni di foto storiche e di "scoop" fotografici.

Il collega Angelo Palma, noto fotoreporter ed ex Vice Presidente dell'Associazione Stampa Romana, ha lanciato un Sos sulla sua causa "pilota" in corso da anni contro il Gruppo Repubblica- L'Espresso sull'utilizzo abusivo di sue foto storiche e tutelate dal diritto d'autore. Come documentato nell'allegato dossier é una vicenda kafkiana ora all'esame della Corte d'appello civile di Roma (la prossima udienza è a metà maggio). C'é anche un "giallo" sulla scomparsa dalla cassaforte del tribunale civile di Roma dei negativi di molte foto storiche scattate da Palma.
A mio parere l'Ordine nazionale dei giornalisti, prendendo spunto da questo caso, dovrebbe affrontare la delicata problematica a tutela di fotoreporter e valutare anche se affiancare il collega in questa battaglia giudiziaria con propri legali al fine di fare affermare dei principi giuridici in tema di diritto d'autore sulle riproduzioni delle foto dei quali potrebbero poi avvalersi tutti i fotoreporters italiani a vantaggio dell'intera categoria con possibili positive implicazioni anche per l'Inpgi.  Roma, 14 febbraio 2015

CAUSA ANGELO PALMA – GRUPPO EDITORIALE ESPRESSO
Roma Febbraio 2015

Il contenuto di questo intervento lo pongo all’attenzione del mondo fotogiornalistico e dell’informazione riguardo all’azione legale, iniziata nel 2007, nei confronti de L’Espresso per la restituzione delle stampe di negativi B/N di mie fotografie giacenti nei suoi archivi.Cercherò di inquadrarla in un contesto più generale (purtroppo con approssimazione) dove, chi vuole, può inserirsi nel settore che più gli interessa. Gli  antefatti per inquadrare la questione. Nel 1998/99,con molta fatica, insieme al collega, amico e maestro Romano Gentile, sono riusciti a recuperare una parte dei negativi B/N e delle Diapositive  dall’Agenzia fotografica Team Editorial Services di Franco Lefevre dove avevo collaborato fino al 1980.
Nel 2000 il MIBAC/Sovrintendenza Archivistica per il Lazio, ha notificato “il particolare interesse storico” dell’attività fotografica mia e di altri colleghi (Rodrigo Pais, Umberto Pizzi, Marcellino Radogna, Piero Ravagli) “mettendo a disposizione i suoi uffici per il recupero delle opere fotografiche giacenti negli archivi al fine di ricostruire l’integrità professionale dichiarata Bene Culturale e meritevole di tutela”.
Per il materiale lasciato alle Agenzie di distribuzione sono andato varie volte a Milano a riempire borse di foto. Per  le foto vendute direttamente  ho pensato a  L’Espresso, che avendo la redazione a Roma, fossero più facili da recuperare.
In quei giorni ho appreso l’Espresso aveva già enucleato dall’archivio fotografico le Diapositive avvertendo fotografi e agenzie di Roma, non tutte, di ritirare le buste già confezionate.
La restituzione non era stata fatta per le foto B/N perché girava la voce che L’Espresso le considerasse di sua proprietà, e dato il loro valore storico- culturale le voleva utilizzare in molteplici usi editoriali da parte del Gruppo.Anche la mia busta era pronta. Quando l’ho vista esile ho fatto notare ,con molte telefonate spesso a vuoto , al dott. Del Sordo, all’epoca responsabile dell’operazione Archivio, che mancavano ,a occhio e memoria, molte foto e che mi rifiutavo di ritirarlo pretendendo una distinta del materiale in resa.Silenzio di tomba. Ho capito che una semplice richiesta era destinata al fallimento se non accompagnata da qualcosa di più sostanzioso e ho cominciato a scrivere (Novembre 2002)
Dopo una lunga e defatigante trattativa (telefonate spesso a vuoto,lettere) sono stato ammesso a visionare tutte le diapositive stipate in scatoloni depositate in uno scantinato umido della rivista in via Isonzo per cercare di identificare e poi recuperare le mie fotografie.
Ma solo il sabato perché così mi aveva chiesto il “personale dell’ufficio fotografico” (tre fattorini!) per farsi pagare gli straordinari.
Ho recuperato molte foto sparpagliate negli scatoloni e chissà quante erano state messe nelle buste restituite o in restituzione già confezionate con nominativo, indice di una cernita e suddivisione fatto da personale inesperto del settore fotogiornalistico.
Per individuare le foto B/N relative ai negativi recuperati dalla Team ho trovato un grande aiuto nella Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea di via Caetani dove ho potuto consultare la collezione de L’Espresso, ma non del Venerdì di Repubblica perché non collezionato, e fotocopiare le pagine con le mie foto pubblicate.
Tutto ciò nei ritagli di tempo. Ho impiegato quasi 2 anni.
Il prodotto finale, nonostante alcuni buchi nella collezione, è stato un elenco di mie foto pubblicate, B/N e diapositive, delle quali chiedere la restituzione insieme a quelle non pubblicate ma documentate da buoni di consegna e fatture.
Come corollario della ricerca ho ricavato anche un elenco di foto ripubblicate,che mi erano sfuggite, per  rifatturarle come ho sempre fatto.
Nell’attesa, vana, di un elenco delle Diapositive in restituzione da confrontare con il pubblicato, i buoni di consegna e le relative fatture mi sono dedicato sulle foto B/N pubblicate delle quali ho fatto la stampa (10x15)cm allegata alla fotocopia della pagina di pubblicazione.
Tutto il malloppo l’ho spedito al Direttore pro-tempore de L’Espresso (Daniela Hamaui) chiedendo il pagamento delle foto ripubblicate e la restituzione delle foto B/N elencate entro 180 giorni, pena un nuovo pagamento integrale, e una distinta delle diapositive in restituzione. Silenzio tombale anche dopo altre lettere del 2005/2006 fino a che nel giugno 2007 ho fatto l’atto di citazione con l’assistenza dell’avv. Antonio Capitella avendo come controparte il Prestigioso Studio Legale Ripa di Meana.
Alla prima udienza L’Espresso ha sostenuto 1)di essere il titolare di tutti i diritti sulle foto fornite (quindi non si pagano i  ripubblicati) considerate “semplici fotografie” e non “opere fotografiche” in base alla L.633/41 sul Diritto d’Autore con diritti di pubblicazione spettanti all’Autore fino a 20 anni dalla produzione.
2)che, comunque, Palma doveva dare “la prova di essere il titolare dei diritti esclusivi delle fotografie.
Sul punto 1): dal Dicembre 2002 il Gruppo comunica ai fornitori delle fotografie una nuova procedura per la fatturazione del pubblicato(incluso i ripubblicati):  ci vuole un numero d’ordine con la descrizione della foto, del prezzo, codice emittente, codice fornitore. La Repubblica l’ha sempre fatto d’ufficio, L’Espresso su richiesta del fotografo o del suo rappresentante.
L’ultimo numero d’ordine è del 30/6/2014 per una foto di Marco Biagi ripubblicata nell’edizione di Bologna (fino ad ora inevasa).
Sul punto 2): ho preparato un album con i 163 NEGATIVI B/N ORIGINALI, consegnato dall’avv. Capitella alla cancelleria del Tribunale Civile di Roma per il deposito in cassaforte, e allegato in una memoria del 17/1/2008 con una succinta descrizione dei soggetti rappresentati in ogni negativo.
Per le testimonianze ho cercato alcuni colleghi per specificare le modalità della fornitura delle fotografie e della restituzione delle diapositive.
E’ scattato l’italico “Tengo Famiglia” in quanto il dichiarare che:
 -le foto si fornivano con un semplice buono di consegna con la data e la descrizione dei soggetti  con successiva emissione di fattura
-era obbligatoria una firma alla restituzione del pacco delle diapositive avrebbe automaticamente comportato l’esclusione dal “giro” del Gruppo Espresso-Repubblica che nell’asfittico mercato editoriale romano e nazionale era ed è un “Potere Forte”.
Solo il soldato Umberto Pizzi da Zagarolo si è dichiarato disponibile.
I testimoni de L’Espresso sono stati i tre fattorini che nell’udienza del 21/1/2009 hanno dichiarato di avermi restituito nel Maggio 2002 diapositive e foto B/N esibendo un elenco generico e incomprensibile fatto solo di sigle di lettere e numeri.
Di più. Hanno dichiarato di avermi cercato ripetutamente ancora nel Settembre 2002 per continuare a cercare altre foto tra quelle ancora presenti in archivio (se si potessero ancora acquisire i tabulati telefonici si scoprirebbe il contrario).
Allora le foto in archivio a L’Espresso sono dei fotografi! e non de L’Espresso, come sostenuto dal Prestigioso Studio Legale  Ripa di Meana poco più di un anno prima.
Voglio far notare che il mio archivio è stato “tutelato” dal Mibac e quindi penso che rientri nelle “opere fotografiche” con l’estensione del diritto d’autore a 70 anni dalla morte oppure la restituzione delle diapositive ai fotografi è stato un gesto di liberalità in linea con lo stile e la pratica  politico-giornalistica del settimanale fin dal 1955?
Una considerazione di logica elementare: se la mia prima lettera è del Novembre 2002 (seguita da altre fino al 2006) perché non hanno mai risposto per ricordarmi la già avvenuta restituzione delle diapositive e del B/N? Restituzione fatta come? Con la forza? Le hanno spedite? A L’Espresso ignorano la pratica della firma di ricezione usata nelle A/R, dai corrieri, dai Pony Express, nei concorsi, ecc.
Debbo allora convincermi che le foto mi sono state restituite a mia insaputa!
A quanti altri fotografi sono state restituite anche le stampe B/N?
Posso solo notare che questa fantomatica restituzione, antecedente alla mia prima lettera sia stata magicamente prodotta solo dopo il deposito in Cancelleria dei negativi B/N originali, con la testimonianza dei tre fattorini ed esibendo un pezzo di carta senza neanche un nominativo relativo ad una sola foto delle 163 richieste in restituzione.
Il Collegio Giudicante, presieduto dal dott. Tommaso Marvasi, ha emesso la sentenza il 30/1/2013 (Allegato A), depositata il13/2/2013,rigettando le mie richieste.
Ironia della sorte, del dott. Marvasi si è occupato proprio L’Espresso del 23/1/2014 con un articolo di Lirio Abbate (Allegato B).
Superato lo sconcerto ho dedotto una sola cosa: la legge sul Diritto d’Autore viene fatta a pezzi se non conta niente anche dimostrare di essere l’autore delle foto chieste in restituzione depositando nella cassaforte del Tribunale i negativi originali dei quali si ignora l’esistenza!
Inoltre il Collegio giudicante sposa in pieno la tesi de L’Espresso sulla riconsegna delle foto senza una mia firma di ricezione. In pratica l’onere della prova sarebbe spettata a me e non a L’Espresso che non ha esibito nient’altro che un pezzo di carta con alcuni numeri e sigle incomprensibili messe alla rinfusa.
Da notare che a pag. 3 della sentenza si cita l’art. 110 della legge  633/41 sul trasferimento dei diritti di utilizzazione economica di opere tutelate dal diritto d’autore. E’ l’art. 89!
Sempre sostenuto dall’indomito avv. Capitella, che cerca invano di convincermi che la Logica giudiziaria è un’altra cosa dalla Logica comunemente intesa, e saldamente convinto dei miei diritti ho fatto appello rievocando l’invocazione del mugnaio tedesco, traslata a Roma, sull’esistenza della giustizia anche a Viale Giulio Cesare!
La procedura vuole che in appello si ripresentino gli atti e i documenti prodotti in 1° grado.
L’avv. Capitella è andato a ritirare l’album con i Negativi Originali B/N e, sorpresa!, gli è stato risposto che in cassaforte non c’era niente!
Rileggendo con calma le motivazioni della sentenza si nota che il rigetto dell’istanza è motivato dal fatto che “la documentazione relativa alla cessione (delle fotografie) consiste unicamente in fatture e bolle di consegna”.
Allora Il Collegio Giudicante:
-non ha tenuto conto dei negativi B/N depositati?
-non li ha visti nel fascicolo processuale?
-se così perché non li ha richiesti all’ufficio dove erano depositati?
-se mancanti  come si sarebbe comportato?
Un’altra amara riflessione .Lo stato italiano ha riconosciuto “il valore storico culturale” di tutto il mio archivio fotografico mettendolo sotto tutela obbligandomi ad averne cura e a non smembrarlo. Appena ne esce un pezzettino affinché lo stesso stato italiano possa esercitare la sua funzione giurisdizionale lo fa sparire!
Alla prima udienza d’appello del 30/5/2014 per costituzione delle parti (ruolo n.1093/2014 –Sez.1°) l’avv. Capitella ha fatto presente l’enormità della cosa e il Presidente della Corte ha richiesto al Tribunale di Roma la ricerca e la trasmissione dei negativi B/N alla Corte stessa.
Poiché alla data del 19/11/2014 la richiesta non era stata evasa la Corte ha disposto un sollecito in vista dell’udienza del 28/11/2014 dove non è stata data risposta tanto che la Corte ha rinnovato la richiesta al Tribunale rinviando la causa al 15/5/2015.
Quanto durerà questo balletto?
Tutto quanto sopra esposto l’avv. Capitella lo ha riassunto in un A/R indirizzata al Presidente del Tribunale di Roma e ,per conoscenza, al Ministro di Giustizia.
Se i negativi non si trovano chi ne deve rendere conto?
Non c’è qualche aspetto  Penale?
Intanto il procedimento potrebbe continuare se L’Espresso riconoscesse formalmente l’esistenza dell’elenco dei Negativi B/N.In fondo non avrebbe nulla da temere avendo vinto il 1° grado forte della sua impostazione giuridica.
Altrimenti sarò costretto a chiedere i danni alla Stato italiano nella figura del Ministro di Giustizia per la perdita di negativi originali frutto del mio lavoro di decenni. Nell’elenco ci sono anche i 3 scatti della “tirata di orecchie” a Fanfani del 1979,una delle foto di politica più famose del dopoguerra.
Se L’Espresso non aderirà a questa richiesta (chissà come quoterebbero gli allibratori) l’esito della causa è scontato come nel 1° grado e il Prestigioso Studio Legale Ripa di Meana acquisterà più credito nei confronti dell’editore nel salvaguardare l’integrità dell’archivio delle stampe B/N de L’Espresso.
A proposito della “tirata di orecchie” a Fanfani. L’ho ripresa nel Maggio 1979 quando collaboravo con la Team che l’ha venduta
anche a La Repubblica. Nel  1999 i negativi sono tornati in mio possesso e ogni volta che veniva ripubblicata la fatturavo. Il 2 Febbraio 2014 la foto di Fanfani è stata ripubblicata (con altre foto italiane e straniere) a corredo di un paginone di Filippo Ceccarelli sull’importanza delle foto simboliche che caratterizzano personaggi e avvenimenti.
Ho aspettato qualche mese in attesa di un riscontro per la fatturazione. Niente.
Un paio di mesi fa ho scritto segnalando la cosa .Niente.
Quesito per gli specialisti del Diritto d’Autore: come posso esercitare i miei diritti ,morali ed economici, su una foto ripubblicata non potendo esibire il negativo originale “scomparso” nello svolgimento di una causa sul Diritto d’Autore con una testata dello stesso gruppo editoriale? Anche se tutti sanno che quella è una mia fotografia.
Insomma un bel guazzabuglio.
L’intento di questo intervento non è solo sulla causa, ormai incardinata, ma credo emblematica di un certo modo di agire degli editori nei confronti di un settore sempre più debole, i fotoreporter, praticamente scomparso e facilmente condizionabile in mancanza, da sempre, anche di un quadro normativo definito.
Ho cercato negli anni passati e con altri colleghi, di tentare di risolvere a livello sindacale i vari aspetti professionali (di status, economici, deontologici ecc).
Ad oggi abbiamo meno ostacoli nell’entrare nell’Ordine dei Giornalisti, oramai per quel che vale. La FNSI  e la FIEG hanno stipulato un accordo, assai generico, sul lavoro autonomo. E’ troppo tardi! C’è una crisi di sistema, non solo della carta stampata.
Forse se nell’Ottobre 1993 fosse passata al Congresso Straordinario della FNSI
(mancanti solo 5 voti!) la proposta rivoluzionaria ,allora, di accettare nel Sindacato coloro che di fatto erano giornalisti ,senza passare per le forche caudine dell’Ordine, forse le cose non sarebbero arrivate a questo punto.
Ovviamente il riconoscimento de facto si sarebbe applicato anche ai fotoreporter pensando già al cambiamento della professione verso un operatore dell’informazione a tutto campo, dalla ripresa video e fotografica, all’editing, ecc.
in un quadro normativo definito che, forse, oggi avrebbe attenuato gli sconvolgimenti dell’avvento del digitale.
Siamo stati  considerati degli alieni.
Nel fotogiornalismo il digitale ha risolto molti problemi pratici dalla produzione (ripresa e diffusione in tempo reale nel mondo) alla conservazione.
Però si tratta di FILMATI. Basta spingere il tasto anche di un cellulare da 30 euro, come il mio, e inquadrare sommariamente per averne spesso “brutti, sporchi e sgranati” ma talvolta fondamentali; pensiamo a quelli girati dai migranti sui barconi o sul traghetto in fiamme.
Le foto diventano un derivato, un fermo immagine. Anche i fotografi professionisti spesso lavorano così. L’illustrazione di una notizia in TV o su un sito giornalistico (30 sec.,1 o 2 minuti) di attualità (cronaca nera e rosa,vmondanità, ecc) o di archivio non può reggere che qualche foto, talvolta una, pena l’inesorabile legge dello zapping.
L’ideazione di un servizio e/o di un progetto da parte del singolo fotoreporter (prassi abituali fino a qualche anno fa) viene dissuasa dalla mancanza di sbocchi editoriali. I commissionati sono ai minimi termini e con che prezzi! La facilità di ripresa (ecco il rovescio della medaglia) rende tutti fotografi e mette a disposizione del mercato editoriale, a costo praticamente zero,una grande messe di immagini da attingere tramite siti, blog, social network, ecc. per la felicità degli autori occasionali. Mutuando Andy Wharol: ognuno ha diritto di avere una foto/ripresa pubblicata.
Per i nuovi professionisti in digitale e soprattutto per le agenzie di produzione che utilizzano giovani volenterosi sfornati da “scuole di fotografia”, potrebbe valere la battuta di BC (fumetto degli ’70 su Linus)“se dai una macchina da scrivere in mano a una scimmia prima o poi comporrà una parola”.
L’aspetto della conservazione e dell’archivio è l’altro corno del settore. Il digitale certamente facilita l’archiviazione e la pronta reperibilità del materiale di attualità e di quello cartaceo digitalizzato
Che fine fanno gli archivi fotografici dei giornali soprattutto di quelli che chiudono
Mi risulta, nel migliore dei casi, di cassetti metallici stipati in magazzini da anni.Fino a quando? Dopo 10 anni è possibile distruggerli.
E gli archivi analogici dei fotoreporter sopratutto di quelli scomparsi? Tento da vari anni con una associazione di “vecchi” fotoreporter “Pro-Memoria” di ottenere dal Comune di Roma un locale, un luogo fisico dove depositare in sicurezza questi archivi per poi, eventualmente, selezionarli, digitalizzarli, renderli disponibili per salvare e valorizzare un patrimonio unico al mondo, quello della “Scuola Romana” (da non confondere con il “paparazzismo” che è un suo derivato macchiettistico).
Il Comune di Roma, su impulso di Veltroni sindaco impostò uno studio di fattibilità su questo progetto elaborato da Benedetta Toso, titolare della Fotoarchivi&Multimedia. Da qualche mese c’è uno stanziamento di fondi per la creazione di un Museo della Fotografia ristrutturando un padiglione dell’ex mattatoio di Testaccio, ma con l’aria che tira….                                                                Ci sono stati alcuni incontri pubblici. Ne ho ricavato la certezza che il settore fotogiornalistico avrà uno un piccolo settore dando spazio a una massa di “esperti”(storici dell’arte e studiosi, artisti-fotografi sperimentatori, ecc.)
Temo tornei oratori su alberi in controluce, tramonti infuocati, riprese sghembe, volti vitrei, solarizzazioni, ecc.). Forse l’unico effetto positivo della creazione del Museo potrebbe essere l’eliminazione di un pomposo, inutile, costoso Festival Internazionale della Fotografia con le cui risorse si sarebbe potuto allestire un decoroso ricovero per i negativi e le stampe prodotte da chi ha documentato la vita vera e i personaggi storici di tutto il mondo che sono passati per Roma.
Ci sarebbe bisogno di un grande progetto nazionale per la salvaguardia degli archivi fotografici dei giornali e dei fotoreporter prima che scompaiano!
Ho avuto occasione di sbirciarne alcuni. Non avete idea di quanti tesori sono da portare alla luce, spesso inediti!
Ci sono già delle realtà (tipo Cinisello Balsamo) da valorizzare e incrementare.
Non si potrebbe usufruire dei Fondi Europei ai quali ora possono accedere anche le  Città Metropolitane (Roma, Milano, Torino ecc) per mettere in moto un meccanismo che dia anche spazio alle figure professionali del digitale nel salvaguardare una memoria storica nazionale da utilizzare anche nella formazione ddi nuovi operatori dell’informazione visiva?
Per tornare a terra torno al mio caso personale però da inquadrare come una pietruzza del mosaico fotogiornalistico dove la nostra debolezza è un incentivo agli editori a fare carne di porco del nostro lavoro.
Anni fa ho visto con i miei occhi l’archivio fotografico del Il Messaggero di Roma.
Per ogni personaggio o avvenimento, spesso, oltre alle stampe c’era la busta dei ritagli. Pratica abbastanza diffusa.
Bisognava accorgersi della foto rubata e poi tentare di farsela pagare. Missione Impossibile. A onor del vero L’Espresso (e pochi grandi giornali nazionali) non si è mai abbassato a fare una porcheria del genere.
Sarebbe interessante se i fotoreporter “analogici” pre-digitali (sorvolo sui dati anagrafici) chiedessero ufficialmente la restituzione delle stampe B/N delle loro fotografie giacenti nell’archivio de L’Espresso.
Giusto per vedere l’effetto che fa.
Il mio risultato, finora, dell’iter processuale è la ricezione di un bel “pacco” la cui confezione, come ipotesi prevalente, è derivata dal collasso della giustizia civile italiana e compendiato nella sentenza.
Però c’è anche chi ci guadagna e seguendo la pista del “cui prodest” (rafforzata dalla filosofia del Marchese del Grillo, viste le parti in causa) non  può che venire in mente l’aforisma del Divo Giulio.   “A pensar male si fa peccato………………”
Piace vincere facile,eh!
ANGELO PALMA

@fnsisocial

Articoli correlati