Parte la prima tranche del pacchetto di 10 giorni di sciopero che l’assemblea dei giornalisti dell’agenzia Il Velino ha affidato al Cdr venerdì. Sabato un nuovo precipitare degli eventi, con il rapporto già difficile tra lavoratori e proprietà che si fa ancora più spinoso e che porta il Cdr – sostenuto da Stampa Romana – a lanciare la mobilitazione: da oggi a venerdì. In gioco, come scrive il segretario del sindacato romano ci sono “la sopravvivenza de Il Velino e i posti di lavoro di 26 colleghi”.
Al via i primi 5 giorni di sciopero della redazione “Il
Velino”: i giornalisti dell’agenzia incrociano le braccia da oggi a venerdì 13
novembre dando seguito a quanto richiesto dall’assemblea al Cdr e comunicato
dallo stesso Comitato di redazione venerdì 6 novembre.
“Quattro anni di solidarietà, con punte del 45% che hanno fruttato all’editore
risparmi sul costo del lavoro per milioni di euro, gravando sulle tasche dei
giornalisti del Velino e sui bilanci dell’Inpgi. Il tfr dei lavoratori
trattenuto e non versato al fondo di previdenza complementare. Trasferimento in
una sede disagiata (sia per i lavoratori sia per la qualità del prodotto) sul
grande raccordo anulare di Roma per risparmiare ulteriormente. Mancanza totale
di investimenti, senza un vero piano di rilancio, industriale e editoriale. A
che cosa sono serviti tutti questi sacrifici dei giornalisti?”, chiede il Cdr
nella nota stampa che annuncia la mobilitazione.
“Ad approdare alla cassa integrazione, attivata unilateralmente dall’editore
Luca Simoni che a fine ottobre, dopo una lunga trattativa, ha respinto ogni
possibilità di accordo sul rinnovo del contratto di solidarietà, rifiutando
senza motivazioni una limatura della percentuale pretesa che avrebbe reso meno
gravoso il taglio agli stipendi che deriva dalle nuove normative. Il tutto – è
la risposta alla domanda retorica – senza dare spiegazioni chiare e convincenti
sulle reali motivazioni economiche che non permettono ancora al Velino di
uscire dalla crisi e di tornare a essere un’agenzia competitiva e autorevole
come nel passato”.
“Non solo – prosegue il Cdr -, il nostro editore, che si è nominato anche
direttore responsabile, pur non svolgendo questa funzione e vivendo negli Stati
Uniti da parecchi mesi, proprio da Miami ha improvvisamente deciso di dare
corso a una nuova organizzazione del lavoro e dei turni che disattende la
prassi aziendale, la legge e anche il buon senso. Il risultato è che dal 2
novembre i colleghi, fino a tarda sera, non sanno se e a che ora devono
iniziare a lavorare il giorno dopo e per saperlo devono controllare l’eventuale
arrivo di un telegramma nella cassetta della posta. Le presenze in redazione
per il giorno successivo vengono infatti cambiate all’ultimo momento con
l’invio ai giornalisti di mail che annunciano l’arrivo di telegrammi che
conterranno gli orari per l’indomani! Orari che, senza dichiarate esigenze
editoriali, modificano sia i turni settimanali già comunicati sia i telegrammi
inviati dall’azienda per annunciare in maniera unilaterale l’attivazione della
Cigs e i giorni di astensione dal lavoro per il mese di novembre. E così
organizzare il lavoro diventa quasi impossibile. È evidente il danno morale e
materiale arrecato ai giornalisti, pagati nel mese di novembre al 60% (almeno
stando alle ultime dichiarazioni del direttore/editore) e costretti a rimanere
a disposizione dell’agenzia al 100%”.
Il Cdr comunica poi di aver già diffidato l’azienda dal proseguire con tale
prassi e di aver avuto mandato dall’assemblea di promuovere, assistito da
Stampa romana, un’azione legale risarcitoria per i danni morali e materiali
passati, presenti e futuri per tutelare il lavoro e la professionalità dei
giornalisti e per difenderli “dalle continue violazioni della legge, vessazioni
e condotte antisindacali dell’editore-direttore, ricorrendo a tutti gli
strumenti possibili. Oggi – conclude il documento del Cdr - l’assemblea ha
votato all’unanimità un nuovo pacchetto di dieci giorni di sciopero”.
La decisione di far partire lo sciopero oggi arriva sabato, dopo una mail con
la quale l’editore/direttore Luca Simoni “ha deciso in maniera unilaterale –
scrive ancora il Cdr – di attivare la cassa integrazione. Evidentemente non
pago, ha scelto un criterio discriminatorio portando sette colleghi (tra cui
due membri su tre del Cdr) al 60% di Cigs verticale e costringendone altri
dieci, senza il loro esplicito consenso, a lavorare su base orizzontale. Un
criterio, e anche questo è agli atti, che si discosta sia dal verbale
sottoscritto in Regione Lazio il 26 ottobre scorso sia dal piano di crisi
presentato al Cdr in base all’allegato D del Cnlg”.
“È il primo segnale netto di contrapposizione con l'editore Simoni”, è il
commento alla vicenda del segretario di Stampa Romana, Lazzaro Pappagallo. “Siamo
a meno di due mesi dalla dead line per capire se Il Velino rispetterà le nuove
regole per la agenzie previste dalla Presidenza del Consiglio ma l'unico
segnale che arriva dall'azienda è quello di riscrivere i turni, la sera per la
mattina, e di articolare la cassa integrazione come se fosse una fisarmonica,
colpendo di più alcuni piuttosto che altri, senza alcuna logica industriale e produttiva
che non sia la ritorsione nei confronti di redattori e Cdr, riscrivendo a
proprio uso e consumo l'impatto previsto dall'allegato D con cui si apriva la
procedura di crisi aziendale”, scrive quindi l’Assostampa che “sostiene tutte
le iniziative messe in campo dai colleghi, anche sul piano legale, e invita
tutte le parti in commedia a non sprecare energie ma a darsi da fare sull'unico
fronte reale aperto: la sopravvivenza de Il Velino e i posti di lavoro di 26
colleghi”.