Si accentua ulteriormente la crisi, ormai storica, dei media stampati, a cominciare dai quotidiani venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67 per cento degli italiani, scesi al 25,4 per cento nel 2022 (con una differenza pari a -3,7 per cento in un anno e a -41,6 per cento in 15 anni). Lo ribadisce il Censis nel 18° Rapporto sulla comunicazione, intitolato "I media della crisi", presentato a Roma venerdì 16 dicembre 2022.
Il report registra ancora una limatura dei lettori dei settimanali (-1,6 per cento) e dei mensili (-0,6 per cento), mentre gli utenti dei quotidiani online aumentano al 33 per cento degli italiani (+4,7 per cento in un anno), un numero comunque inferiore a quanti utilizzano i siti web d'informazione generici. In lieve flessione anche i lettori di libri su carta, mentre cresce il mercato degli e-book.
Stabile anche nel 2022 risulta la fruizione della tv, che diventa però sempre più smart e mobile, mentre la radio continua a rivelarsi all'avanguardia all'interno dei processi di ibridazione del sistema dei media.
«Gli individui – si legge fra l'altro nella presentazione del Rapporto – continuano a trovare una piena espressione di sé attraverso i dispositivi personali digitali. Ma se si considera la dote di affidabilità di cui i diversi media godono e l'andamento della fiducia da parte dell'opinione pubblica nell'ultimo anno, è certo che radio, televisione e carta stampata staccano ancora di gran lunga web e social network in termini di credibilità».
Tuttavia, prima con la pandemia, poi con la guerra scoppiata alle porte dell'Europa, «si è posto il problema di decidere che cosa i media mainstream possono dire e che cosa no. Il 60,1 per cento degli italiani – spiega ancora il Censis – ritiene legittimo il ricorso a una qualche forma di censura (in particolare, per il 29,4 per cento non dovrebbero essere diffuse le fake news accertate, per il 15,7 per cento le opinioni intenzionalmente manipolatorie e propagandistiche, per il 15 per cento i pareri espressi da persone che non hanno le competenze per parlare). Al contrario, per il 39,9 per cento non è mai giustificata alcuna forma di censura».