Perquisizioni e sequestri al Mattino di Padova: il Tribunale del Riesame di Venezia ha rigettato l'istanza presentata dal legale dei giornalisti indagati e del giornale. Da quanto si è potuto apprendere le carte ora nella disponibilità della difesa confermano l'acquisizione di tutto il materiale contenuto negli strumenti di lavoro e personali della collega perquisita, che al pari del direttore e del condirettore del quotidiano è accusata di violazione del segreto istruttorio con l'aggravante del favoreggiamento mafioso.
Si è altresì appreso di un quarto indagato, un altro redattore della testata 'reo' di aver scritto una ripresa del servizio finito nel mirino della Distrettuale Antimafia della Procura di Venezia.
Come si ricorderà il reato contestato riguarda la pubblicazione nel febbraio del 2017 di alcune foto del figlio di Totò Riina per le vie di Padova, scattate nel 2013.
La Federazione nazionale della Stampa italiana e il Sindacato giornalisti del Veneto, che seguono da vicino la vicenda, condannano con forza gli effetti intimidatori dell'attività di indagine per quanto riguarda l'esibizione e il sequestro del materiale posseduto da un giornalista ribadendo che le sue fonti necessitano di protezione al fine di garantire e tutelare la libertà di stampa, fra i pilastri, quest'ultima, di una società democratica come sancito dalla Costituzione.
È la stessa Corte Edu ad affermare che l'individuazione delle fonti alle quali il professionista aveva garantito l'anonimato, è idoneo a pregiudicare la reputazione del giornalista e l'attività del giornale (Corte EDU, Grande Camera, 14/09/2010, Sanoma Uitgevers B.V. c. Paesi Bassi).
Mentre la Cassazione non a caso fissa i paletti chiarendo che si deve agire evitando pregiudizi per la futura attività del giornalista e del giornale, e, più in generale, per la libertà di stampa, attingendo notizie 'riservate' e non strettamente indispensabili ai fini del procedimento penale (Cassazione penale, sez. VI, sentenza 05/03/2018 n. 9989).