«Gentile direttore, abbiamo letto con interesse le risposte che ha dato sul suo giornale alle lettere che avevano come oggetto il lavoro sottopagato. In particolare ci hanno colpito positivamente le sue affermazioni sulla giusta retribuzione dei lavoratori. Ad esempio, ha affermato che 'lo sfruttamento a 5 euro all'ora è illegale, controproducente e devastante per tutto il mondo del lavoro: che si faccia in un bar del centro in un campo di raccolta pomodori a Rosarno non cambia'». Inizia così una lettera aperta che l'Associazione Stampa Emilia-Romagna ha indirizzato al direttore del quotidiano Libertà di Piacenza, Gian Luca Rocco, martedì 8 aprile 2025.
«Ancora - prosegue l'Aser - rispondendo sempre a un padre indignato per i guadagni minimi della figlia che cerca di pagarsi gli studi lavorando in alcuni esercizi commerciali di Piacenza, ha citato giustamente l'articolo 36 della Costituzione, rimarcando che 'il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro'. Bene, ottimo».
A questo punto il sindacato regionale rileva: «Purtroppo però rispondendo a un'altra lettera, nella quale le si chiedeva cosa pensa del lavoro sottopagato dei giornalisti, 10-15 euro al massimo per articoli che richiedono impegni di ore (quindi siamo sotto ai famosi 5 euro ogni sessanta minuti), lei ha cambiato diametralmente atteggiamento. Intanto, non ha espresso nessun tipo di solidarietà ai colleghi, ma si è limitato a dire che i giornalisti non sono pagati bene perché l'informazione che producono viene sistematicamente rubata e messa gratis a disposizione di tutti. È come se, ha scritto, a un pizzaiolo venissero rubate le pizze appena sfornate: come potrebbe pagarlo un ristoratore? Ha citato non a caso esempi della edizione quotidiana della Libertà piratata e messa a disposizione di tutti tramite Whatsapp, ha citato la crisi dell'editoria, ha praticamente avvallato lo sfruttamento dei precari, dei giornalisti più fragili. Eh no, caro direttore, non è così che si dirige un giornale».
Per Aser, «ci sono non solo carte deontologiche che stabiliscono che lei ha il dovere di garantire una giusta retribuzione ai suoi giornalisti, ma c'è anche un'etica da rispettare e soprattutto non si può lavare le mani da questa situazione semplicemente incolpando la rivoluzione digitale dell'editoria. Ci risparmi, caro direttore, l'indignazione per le paghe dei camerieri e dei raccoglitori di pomodori e pensi invece a come pagare meglio i suoi giornalisti. Una soluzione gliela diamo noi: ogni mese si riduca sistematicamente il suo stipendio e lo divida tra i suoi collaboratori. Vedrà che loro forse riusciranno a mettere insieme il pranzo con la cena e lei vivrà benissimo lo stesso. Con un altro risvolto positivo: pagandoli meglio - conclude l'Assostampa - probabilmente lavoreranno meglio, per il bene di tutta la nostra informazione e di quella del suo giornale».