di Marina de Ghantuz Cubbe*
«Due persone sono state uccise: Andrea Rocchelli e Andrej Mironov. Adesso l’obiettivo è questo: caro governo italiano devi chiedere a quello dell’Ucraina di far luce su questa vicenda». Inizia con l’appello del presidente Giuseppe Giulietti l’incontro al Festival internazionale di giornalismo di Perugia con i genitori del fotoreporter ucciso durante un attacco in Ucraina; l’avvocato Alessandra Ballerini, che oltre ai Rocchelli è rappresentante legale anche dei genitori di Giulio Regeni; William Roguelon, un ragazzo di 23 anni che era con Andrea e Mironov quando sono stati assassinati.
La testimonianza di quest’ultimo è fondamentale per le indagini avviate dalla procura di Pavia su una vicenda che presenta molti lati oscuri. William ha raccontato nel dettaglio cosa sia accaduto in quei minuti terribili: «Il 24 maggio 2014, io Andrea e Mironov stavamo andando verso un villaggio bombardato che volevamo fotografare. Eravamo in macchina, con un conducente e accanto un civile. Ci siamo fermati, prima di arrivare al villaggio, davanti ad una fabbrica di proprietà per metà italiana e metà ucraina. Ci siamo fermati perché c’era un treno distrutto che ci aveva incuriositi e volevamo fare delle foro. Cosa ci faceva lì quel treno? Dopo aver fatto le foto, ci ha raggiunto il civile che stava con noi e ci ha avvertito di andarcene perché la zona era controllata da cecchini che avrebbero potuto sparare. Infatti hanno iniziato a sparare, ricordo che ogni 5 secondi venivano sparati 30 colpi di mortaio che avanzavano verso di noi: volevano bloccarci lì, nel fossato in cui intanto ci eravamo buttati per ripararci. Ricordo, ma non so se è una mia invenzione, il calore dei proiettili che ci arrivavano addosso, sopra la testa. Mi hanno colpito le gambe, sono entrato in uno stato confusionale. Ho provato a rientrare nell’auto che era stata anche quella colpita dai colpi di mortaio. Ho visto accanto a me due persone in una pozza di sangue».
Andrej Mironov era stato arrestato nel 1985 in Russia per attività antisovietiche: aveva criticato attraverso la carta stampata il regime moscovita. Si è sempre battuto per la libertà e i diritti umani, in cambio è stato condannato a quattro anni di lager. Uscito da quell’orrore, si iscrive al neonato partito radicale e continua a combattere per la libertà di espressione. Caduta l’URSS si accorse che la battaglia per i diritti umani doveva continuare; nel 1987 è tra i fondatori dell’associazione Memorial a cui collaborava anche Anna Politkovskaya e che indagava sui crimini commessi in Cecenia.
Elisa Signori, la madre di Andrea, ha lasciato commossa un ricordo di Andrea: «Non era un ragazzo, aveva quasi 31 anni ed aveva una famiglia, un figlio. Non andava all’avventura come un dissennato, aveva esperienza decennale come fotoreporter in Italia e all’estero. Aveva il pallino della Russia dove si era guadagnato da vivere facendo foto a domicilio. Era capace di entrare in sintonia con gli altri molto facilmente. Questo era Andrea in vita, nessuno però ci ha ancora detto come è morto».
L’articolo di Marina de Ghantuz Cubbe è pubblicato da Articolo21.org.