Gli archivi digitali dei giornali conservano le storie di milioni di persone, con informazioni, dettagli, dati personali anche estremamente delicati che non possono essere licenziati in uso a terzi per addestrare l'intelligenza artificiale, senza le dovute cautele. Se il Gruppo Gedi, in base all'accordo firmato a settembre con OpenAI, comunicasse a quest'ultima i dati personali contenuti nel proprio archivio, potrebbe violare le disposizioni del Regolamento Ue, con tutte le conseguenze anche di carattere sanzionatorio previste. È l'avvertimento formale che il Garante Privacy ha rivolto a Gedi.
L'avvertimento formale - spiega una nota pubblicata anche sul sito web del Garante venerdì 29 novembre 2024 - è stato inviato anche a tutte le società (Gedi News Network Spa, Gedi Periodici e Servizi Spa, Gedi Digital Srl, Monet Srl e Alfemminile Srl) che sono parte dell'accordo di comunicazione dei contenuti editoriali stipulato con OpenAI. Il provvedimento è stato adottato dopo i primi riscontri forniti dalla società, nell'ambito dell'istruttoria avviata di recente dall'Autorità.
Sulla base delle informazioni ricevute, il Garante ritiene che le attività di trattamento siano destinate a coinvolgere un grande volume di dati personali, anche di natura particolare e di carattere giudiziario, e che la valutazione d'impatto, svolta dalla società e trasmessa al Garante, non analizzi sufficientemente la base giuridica in forza della quale l'editore potrebbe cedere o licenziare in uso a terzi i dati personali presenti nel proprio archivio a OpenAI, perché li tratti per addestrare i propri algoritmi.
Il provvedimento di avvertimento evidenzia, infine, come non appaiano sufficientemente adempiuti gli obblighi informativi e di trasparenza nei confronti degli interessati e che Gedi non sia nelle condizioni di garantire a questi ultimi i diritti loro spettanti ai sensi della disciplina europea sulla privacy, in particolare il diritto di opposizione.
«L'avvertimento formale del Garante privacy a Gedi per l'accordo con OpenAI è più che opportuno», commenta Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi. «È reale - incalza - che l'archivio del gruppo editoriale contenga i dati sensibili di milioni di persone, dati che possono essere maneggiati solo da un giornalista, da un essere umano, che risponde a precise regole deontologiche. Basta pensare al diritto all'oblio: i pezzi che spariscono dall'edizione online, non sempre vengono eliminati dagli archivi. L'IA potrebbe così violare uno dei diritti fondamentali. E ancora: le notizie smentite che, in modo acritico, potrebbero essere bypassate esponendo cittadini e giornalisti a rischi enormi».
La segretaria generale Fnsi rimarca che «esiste il tema della responsabilità penale e civile di ciò che viene pubblicato. Per questo - conclude Costante - il sindacato dei giornalisti ritiene che gli accordi tra aziende editoriali e big tech dell'IA debbano essere chiari, trasparenti e pubblici in tutti i loro risvolti, economici e giuridici. I patti di riservatezza non possono riguardare i diritti dei cittadini e i livelli occupazionali nei media».