Violenza privata e minacce di morte aggravate dal metodo mafioso rivolte al giornalista Paolo Borrometi per agevolare il clan Carbonaro-Dominante di Vittoria, in provincia di Ragusa. Queste le accuse formulate dal pm Valentina Sincero della Direzione distrettuale antimafia di Catania a carico di Giambattista Ventura.
Gli inquirenti ritengono che il 58enne Ventura sia il reggente del clan mafioso. Paolo Borrometi, direttore del sito di inchiesta laspia.it e collaboratore dell'Agi, esercitando il diritto di cronaca avrebbe portato alla luce gli affari mafiosi del clan, sottolineandone l'importanza e i legami attraverso le sue inchieste sul territorio di Vittoria, e per questa ragione sarebbe stato oggetto di reiterate minacce di morte a seguito delle quali vive da oltre un anno sotto scorta armata.
Oggi, 26 settembre, si celebra a Ragusa la nuova udienza del processo ai presunti aggressori di Borrometi e «come deciso lo scorso maggio dalla Giunta federale, la Federazione nazionale della stampa italiana sarà in aula al fianco del collega, che alle 15.30 testimonierà dinanzi al giudice guardando in faccia i suoi presunti aggressori», spiegano il segretario generale e il presidente della Fnsi, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti.
«Oggi con Paolo Borrometi – proseguono i vertici del sindacato dei giornalisti italiani – e domani per qualunque altro cronista minacciato da mafiosi e corrotti. Siamo sicuri che tutto il mondo dell’informazione vorrà dare luce e voce alle vicende di chi contrasta la criminalità, riprenderne le denunce e firmarle collettivamente. Per non lasciare mai soli i giornalisti minacciati per via del loro lavoro».
All’udienza, insieme al presidente Giulietti, sarà presente anche il segretario dell’Usigrai, Vittorio Di Trapani. Oltre alla Fnsi si sono costituiti parte civile nel procedimento anche l’Ordine dei giornalisti, nazionale e di Sicilia, e il Comune di Vittoria.
«Per la Federazione è doveroso esserci», ha commentato il presidente Giulietti, ricordando che «grazie alla scelta del segretario generale Raffaele Lorusso, condivisa da tutti, per la prima volta la Fnsi si costituisce parte civile e il Tribunale di Ragusa riconosce l'interesse pubblico nelle minacce che Paolo, nell'esercizio della sua professione, ha dovuto subire perché con le sue inchieste ha infastidito le mafie. Borrometi, con grande senso civico si presenta a testimoniare ribadendo le sue denunce e guardando in faccia chi lo ha minacciato e noi siamo la sua scorta mediatica. Paolo, e tutti quelli che come lui sono sotto minaccia, ha bisogno anche della scorta mediatica importante tanto quanto quella armata. Porre le denunce sotto i riflettori per fare sapere che riceveranno amplificazione e che sui luoghi del malaffare piomberanno altre telecamere affinché il malaffare venga conosciuto dal maggior numero di italiani: ecco la nostra scorta».
Mentre Vittorio Di Trapani, segretario dell’Usigrai, ha spiegato: «Abbiamo deciso di essere presenti all'udienza di oggi per dire, con un atto concreto e visibile, che chi, come Borrometi, lotta contro le mafie non è solo. E ogni tentativo di isolarlo sarà respinto. Anzi, l'Usigrai chiede, su questo, un impegno alla Rai: parlate dei colleghi minacciati, illuminate le loro storie, ma soprattutto riprendete le loro inchieste giornalistiche. Solo in questo modo le mafie potranno essere sconfitte: oltre le aule di tribunale, nella coscienza dei cittadini. Le giornaliste e i giornalisti della Rai – ha concluso Di Trapani – sono al fianco di Paolo Borrometi e di tutte le colleghe e i colleghi minacciati dalle mafie».