«A Governo e Parlamento chiediamo solo una cosa: di rispettare gli impegni presi sui temi della lotta al precariato nel settore giornalistico, del contrasto alle querele temerarie, della riforma del reato di diffamazione». Il segretario generale della Federazione nazionale della stampa italiana, Raffaele Lorusso, ha concluso così il sit-in indetto in piazza di Montecitorio a cui hanno partecipato, insieme con il Consiglio nazionale della Fnsi, i rappresentanti di Ordine nazionale, Inpgi, Casagit, Fondo complementare, Usigrai, Ungp, Commissione pari opportunità e Commissione nazionale lavoro autonomo Fnsi e di numerose associazioni, tra cui Articolo21, Ordine dei giornalisti del Lazio, Pressing NoBavaglio, Ucsi, Unci, Cpo Fnsi, GiULia giornaliste, A mano disarmata, Amici di padre Dall'Oglio, Amici di Roberto Morrione, Carta di Roma, Italians for Darfur, Libera informazione.
«Nei decreti attuativi sull'editoria il Governo hanno accolto solo le richieste degli editori. Ci sono 45 milioni di euro in più ma per accompagnare altri colleghi alla porta e non per creare occupazione, mentre il precariato è ormai dilagante e informazione precaria vuol dire informazione più debole», ha spiegato Lorusso.
«Sulle querele temerarie non è ancora in discussione una norma che aiuti a contrastare il fenomeno. La proposta di legge sull’abolizione del carcere per i giornalisti giace ferma il Senato. I cronisti continuano a subire intimidazioni e minacce. Il Governo e i singoli ministri si sono impegnati a prendere dei provvedimenti, è giunto il momento di passare dalle parole ai fatti», ha ribadito il presidente Giuseppe Giulietti.
Mattia Motta, presidente della Commissione lavoro autonomo del sindacato dei giornalisti ha ricordato quanto affermato poche settimane fa anche dall’AgCom: «La crisi ha colpito il nostro settore più degli altri e le soluzioni a questa crisi sono state di corto respiro e insufficienti. I giornalisti precari fanno parte della dorsale dell’informazione italiana, si occupano di questioni cruciali per il Paese e per i cittadini. Oggi chiediamo due cose: a governo e editori fondi adeguati per un contratto inclusivo; al ministero della Giustizia una tabella per la liquidazione giudiziale dei compensi, fissando un minimo per il pagamento delle prestazioni professionali».
Michele Albanese, responsabile dei progetti per la legalità della Fnsi, ha ricordato le storie dei giornalisti e chiesto ai colleghi presenti di rilanciare le inchieste “scomode” e fornire così la “scorta mediatica” ai cronisti che ogni giorno contribuiscono con il loro lavoro a illuminare storie che «altrimenti i cittadini non potrebbero conoscere».
Affrontare le querele temerarie «può essere anche peggio che affrontare le minacce mafiose», ha detto ancora Albanese. Con lui anche la cronista campana Lidia De Angelis, che ha parlato dell'aggressione fisica subita mentre era insieme a suo fratello, anche lui giornalista, e il padre, circa un mese in piazza ad Aversa. «Mentre subivamo percosse brutali – ha raccontato – ci hanno intimato di non scrivere più. La cosa grave è che la polizia municipale quando è arrivata ha chiesto a noi di identificarci ma non a loro e l'inchiesta sembra già essere stata archiviata».
In piazza erano presenti anche i giornalisti dell’Unità, del Tg5, di Metro, del Sole 24 Ore e delle agenzie di stampa, «che – ha detto Cristiano Fantauzzi dell’AdnKronos, – con le procedure di gara europea volute dal governo rischiano di finire sotto scacco».
«Quello di oggi - ha detto il segretario generale Raffaele Lorusso al termine dei lavori del Cn - è stato un importante momento di iniziativa pubblica. Vanno ringraziati il Consiglio nazionale della Fnsi, i vertici degli enti della categoria, tornati a marciare insieme, le associazioni e i colleghi che hanno partecipato. Alla mancanza di risposte sui temi delle querele temerarie, della lotta al precariato e del rilancio dell’occupazione non potrà che seguire una grande mobilitazione di tutta la categoria. L’iniziativa di oggi non resterà isolata, ma è soltanto la prima di una lunga serie».
LE REAZIONI
Editoria: Uras, serve legislazione organica per tutelare giornalisti
Cronisti sempre più esposti a precariato, minacce e azioni giudiziarie
«Il mondo del giornalismo non è solo costituito dalle grandi firme, super garantite sotto il profilo retributivo e previdenziale, ma soprattutto dai tanti precari, giovani e meno giovani, spesso pagati “a pezzo” e con tariffe regolamentate a ribasso. Sono loro i più esposti al rischio di azioni giudiziarie e i costi che queste comportano gravano tutti sulle loro spalle». Lo ha detto il senatore del gruppo Misto, Luciano Uras (Campo Progressista), presente a piazza Montecitorio alla protesta simbolica della Fnsi con i giornalisti per chiedere a governo e parlamento provvedimenti concreti sulle querele temerarie e sui temi del lavoro, della lotta al precariato e dei diritti.
«Non basta la solidarietà dei singoli parlamentari e di alcune forze politiche particolarmente sensibili. Per dire basta al precariato selvaggio e ai cronisti minacciati serve di più, a iniziare da una legislazione organica di tutela, le risorse necessarie a sostenere la piccola e media editoria, quella territoriale e tematica essenziale per assicurare pluralismo e qualità democratica dell'informazione. Ci impegniamo sin d'ora – ha concluso Uras – a sostenere ogni proposta che vada in tal senso». (AdnKronos – Roma, 24 maggio 2017)
Editoria, Crivellari: «Le anomalie vanno contrastate con un intervento legislativo urgente»
Il parlamentare Pd all'evento della Fnsi davanti all'aula di Montecitorio
«La precarietà nel lavoro giornalistico e le indebite pressioni esercitate con le querele temerarie vanno contrastate con un intervento legislativo organico, perché in gioco ci sono la qualità dell'informazione e la piena agibilità della vita democratica». Lo afferma il deputato Diego Crivellari (Pd) dopo aver partecipato alla manifestazione indetta sotto la Camera dalla Fnsi con l'adesione di tutti gli organismi di categoria e di diverse associazioni, espressione della società civile.
«Sono spesso i cronisti delle periferie a svolgere un lavoro di frontiera, prezioso e coraggioso – sottolinea Crivellari – lavoratori che, in moltissimi casi, si trovano a vivere situazioni di tutele sotto soglia, bassi compensi e cottimo, tante volte sottoposti all'ingiusta spada di Damocle di chi con la minaccia della querela, anche nell'ambito delle istituzioni e della politica, intende mettere un inaccettabile bavaglio a chi ha il diritto e il dovere di informare. Credo serva un forte impegno condiviso per supportare percorsi legislativi utili a uscire da questa situazione e sono disposto a fare la mia parte con convinzione». (Roma, 25 maggio 2017)
La manifestazione del sindacato a Montecitorio contro bavagli e minacce
Galimberti (Unci): «Il silenzio del Parlamento rischia di diventare complicità con i prepotenti»
«L'escalation di minacce ai cronisti - personali, fisiche, giudiziarie - non ha tregua, eppure il Parlamento continua a non dare risposte sulla tutela della libertà di stampa e dell'incolumità della categoria. È l'ora di una mobilitazione civile più ampia per condurre la politica alle sue responsabilità e per contrastare il clima di insofferenza verso la libertà di informare e di essere informati, prima che sia troppo tardi». Lo ha dichiarato il presidente dell'Unione nazionale cronisti italiani, Alessandro Galimberti nel corso della manifestazione contro bavaglio, precariato e minacce ai cronisti di questa mattina davanti alla Camera dei deputati.
«Le minacce e le intimidazioni ai cronisti - ha aggiunto Galimberti - si combattono con un semplice intervento legislativo che preveda condanne severe (e non la semplice multa) e quindi anche la possibilità di custodia cautelare per chi, come fanno diversi boss della malavita, si permette di intimidire i cronisti fino sui social network. Quanto alle querele e alle citazioni civilistiche temerarie, che hanno un effetto censorio spesso definitivo, il promesso stralcio della norma dalla famigerata riforma della diffamazione a mezzo stampa continua a scivolare, senza un ragionevole motivo».
«Evidentemente - ha concluso il presidente Unci - tenere i cronisti sotto tiro non è una preoccupazione del nostro Parlamento, ma ignorare i troppi segnali di ritorno di tempi bui rischia alla lunga di diventare complicità dolosa con i prepotenti».
MULTIMEDIA
Qui il link alla diretta dell’evento realizzata da Radio Radicale.
Qui il link al servizio di RaiNews24
Qui altre foto del presidio di oggi a Roma.