«È morto a Roma Massimo Bordin, è davvero con immenso dolore che diamo questa comunicazione che non avremmo mai voluto dare». Così Radio Radicale ha dato in diretta la notizia della scomparsa del giornalista, una delle voci più celebri e stimate dell'emittente. «Era malato da tempo – ha detto il conduttore – e aveva chiesto di poter vivere e lottare contro questa malattia nel massimo riserbo, e noi abbiamo rispettato la sua scelta. Ma non ce l'ha fatta, poco fa siamo stati raggiunti dalla notizia. Ricorderemo il nostro Massimo e lo onoriamo con quel Requiem che tante volte ha preceduto la sua unica e splendida rassegna stampa». Poi la trasmissione del Requiem di Mozart al posto del normale palinsesto.
Bordin, malato da tempo, si era dimesso dalla direzione della testata in seguito a divergenze con l'allora leader radicale Marco Pannella. In seguito aveva comunque continuato a collaborare con la Radio. Teneva una rubrica sul Foglio dal titolo 'Bordin Line'.
«Le rassegne stampa di Bordin incarnavano lo spirito libero che è l'essenza stessa del Partito Radicale e le battaglie che ha condotto in questo Paese. Le stesse che i suoi colleghi stanno portando avanti per tenere accesa Radio Radicale, una radio che il governo vuole spegnere», commenta il segretario generale della Federazione nazionale della Stampa italiana, Raffaele Lorusso.
«Lo stesso Bordin – ricorda Lorusso – attaccò il vicepremier Di Maio proprio sulla questione del rinnovo della convenzione, del taglio dei fondi, che costringeranno Radio Radicale a chiudere. Domani terremo un'iniziativa a favore di Radio Radicale, con il direttore Alessio Falconio e il Cdr dell'emittente. In apertura – annuncia – ricorderemo Bordin».
Il Cdr di Radio Radicale: «Con Bordin perdiamo una coscienza critica»
«Con Massimo Bordin se ne va un giornalista libero, se ne va una voce autorevole della stampa e rimane invece il regime, quel regime che tutte le mattine, fino all'ultimo, ha raccontato e spiegato agli italiani, con la sua memoria storica, con la sua lucida intelligenza e la sua ironia». Lo afferma in una nota il Cdr di Radio Radicale. «Nei diciannove anni della sua direzione della Radio - afferma il Cdr - ci siamo confrontati e a volte anche scontrati, duramente ma sempre lealmente, e ognuno di noi da lui ha imparato qualcosa. I giornalisti di Radio Radicale, che si stringono attorno alla famiglia, gli devono molto e anche questo Paese che da oggi ha una coscienza critica in meno».