«La stragrande maggioranza delle imprese editoriali si sta avventurando in un'area in cui il lavoro non ha diritti. Ma la precarietà è inammissibile per chi, come i giornalisti, ha un ruolo strategico per le aziende». Non usa mezzi termini il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, nel suo intervento a margine delle conferenza internazionale Wan-Ifra Italia promossa a Bari dall'Associazione mondiale degli editori e dall'Associazione italiana stampatori di giornali e dedicata all'industria editoriale e della stampa.
Nel corso dell'incontro è stato sottolineato che i giornali devono diventare più interessanti per i lettori e più appetibili per la pubblicità, migliorando la qualità dei loro contenuti. «È vero – ha commentato il segretario Lorusso – che i giornali, almeno quelli di carta, devono cambiare. Tutti gli analisti concordano sul fatto che le notizie spariranno dai giornali di carta che diventeranno luogo di analisi, approfondimento, a metà fra il racconto e il reportage. Tutto questo, però è difficile realizzarlo in un contesto in cui la parola d'ordine degli editori è ridimensionare, tagliare, ridurre organici e retribuzioni».
Diventa allora essenziale «ripartire – incalza Lorusso – dall'elemento centrale di questo sistema che è il giornalista e il suo lavoro. Il giornalista deve diventare punto di riferimento di una comunità di lettori e di consumatori di informazione. Ma per farlo deve essere adeguatamente remunerato».
Una visione del ruolo dei giornalisti «assolutamente inconciliabile con la crescente precarietà indotta e quasi incentivata, ricercata dalla stragrande maggioranza delle imprese editoriali che ritengono che la ricetta sia ridurre progressivamente l'area del lavoro dipendente, per avventurarsi in un'area in cui il lavoro non ha diritti. Il lavoro giornalistico, così come il lavoro in generale, non può essere senza diritti».
Ecco spiegata, dunque, «la ragione per cui – ha concluso il segretario della Fnsi – abbiamo posto al primo punto, nel confronto con gli editori per il rinnovo del contratto di lavoro, l'occupazione e l'inclusione contrattuale di quanti oggi esercitano la professione con continuità, sono lavoratori strategici per molte aziende editoriali, ma non sono assolutamente inquadrati e versano in uno stato di inammissibile precarietà».